Ten. Pil. Alvaro Bondi, Forlì 9 novembre 1915 – Padova 25 marzo 1982
Nato a Forlì il 9 Novembre 1915, e’ ammesso nel marzo del 1937 al corso per Ufficiali Pilota di Complemento della Regia Aeronautica, consegue il brevetto di Pilota Militare l’11 Maggio 1938. Al termine di ferma della leva, viene congedato e richiamato alle armi il 16 Giugno 1940 per essere trasferito il 2 Giugno 1941 al 4° Stormo. Riceve la nomina a Tenente Il 19 Febbraio 1942.
Decorato della medaglia d’argento al valor militare sul campo con la seguente motivazione: “pilota da caccia di non comune abilità, combattente temprato ai maggiori ardimenti, partecipava a numerose azioni su munitissima base aeronavale nemica, sostenendo parecchi aspri combattimenti e concorrendo all’abbattimento di dieci velivoli avversari. Attaccato di sorpresa da preponderanti forze nemiche, accettava il combattimento e nonostante riportasse una ferita e l’apparecchio venisse ripetutamente colpito in punti vitali, riusciva, dopo strenua e dura lotta, ad abbattere in fiamme un velivolo avversario. Al ritorno alla base, nonostante che,per un guasto provocato dall’offesa nemica, fuoriusciva una sola ruota, atterrava con la consueta abilità così che l’apparecchio riportava soltanto lievissimi danni. Cielo del Mediterraneo centrale 4 Settembre 1941.”
L’episodio e’ citato a pag. 93 del libro del Gen. Antonio Duma in “Quelli del Quarto”.
Decorato della Medaglia d’argento al valor militare sul campo con la motivazione: “Pilota da caccia, in numerosi scontri aerei con formazioni nemiche, conseguiva personalmente ed in collaborazione, delle brillantissime vittorie. In ogni circostanza dava prove esemplari di perizia, aggressività e valore”.
Decorato con Medaglia di bronzo al valor militare, subì un abbattimento dal quale si salvò lanciandosi col paracadute. Alla fine delle ostilità tornò alla vita civile abbandonando il volo.
Si sposò con Ginevra Cusulin (1923-2011) di Gorizia, dove nascemmo noi figli e dove vivemmo fino al 1955. La famiglia si trasferì a Padova dove nostro padre visse e lavorò fino alla sua scomparsa.
Mantenne sempre i contatti con i commilitoni dello Stormo, ricordiamo tra gli altri Barcaro, Soprana, Mandolini, Berti, Monti, De Benedetti, Viglione, Stoppani, ed intervenne a numerosi Raduni e manifestazioni.
M. Padova il 25 Marzo 1982
Maddalena e Paolo Bondi
Ricordi di guerra del pilota Alvaro Bondi
– per ordine non cronologico –
Il trasferimento in nave dei piloti in Africa.
Dovendosi trasferire per mare sul teatro di guerra nella Libia italiana, i piloti vennero istruiti di farsi portare dalla stazione ferroviaria ad un determinato molo del porto di Napoli. Ad Alvaro venne risposto dal tassista: “Se vuole la porto direttamente al molo vero, così le risparmio di chiamare un altro taxi”. In effetti, per depistare le azioni di spionaggio e sabotaggio del nemico, veniva celato l’effettivo molo d’imbarco e di conseguenza il nome della nave.
“Pippo”.
Per “Pippo” si intende un piccolo aeroplano che in zona di guerra, ma anche nelle città, svolgeva nottetempo missioni di disturbo ed intimidazione sorvolando ed eventualmente bombardando con l’unica bomba disponibile a bordo, impedendo di fatto il sonno e seminando tensione e paura.
Anche il campo d’aviazione in Libia subiva queste incursioni, difficili da contrastare a causa dell’oscurità che rendeva difficile localizzare i velivoli. Il pilota Vanzan, soprannominato “il tubo” a causa della sua passione per le armi da fuoco che raccoglieva come preda di guerra, una notte riuscì, forse più per caso che per abilità, a colpire ed abbattere un “Pippo” che sorvolava la base. Il pilota, illeso dopo un atterraggio d’emergenza, in attesa di essere trasferito al campo di prigionia, venne accolto alla mensa ufficiali; era vestito con grande eleganza e raccontò di essere di stanza ad Alessandria e di svolgere unicamente quelle missioni. Gli ufficiali italiani tentarono di insegnargli ad arrotolare le tagliatelle con la forchetta, ma poi rinunciarono e gliele tagliarono a pezzetti.
L’ossigeno.
Per i voli ad alta quota, gli apparecchi erano equipaggiati con bombole di ossigeno che i piloti inspiravano attraverso apposite maschere. L’ossigeno provocava però fenomeni di euforia e disorientamento. Si ovviava pertanto staccando la maschera e respirando una miscela di aria ed ossigeno tenendo in bocca il tubo di erogazione con i denti.
I battellini e i corsetti salvagente.
Si sono registrati casi di corsetti salvagente imbottiti di segatura anziché di sughero, con le immaginabili conseguenze. I battellini, gonfiabili con una bomboletta d’aria compressa inclusa, funzionavano correttamente. Accadeva che altri apparecchi assistessero all’ammaraggio ed alla salita sul battellino, ma la successiva ricerca, nonostante venisse annotata e segnalata la posizione, era estremamente difficoltosa per il luccichio della superficie del mare. Si narrava di battellini ritrovati con cadaveri a bordo.
Il camposanto.
Nei pressi della base in Libia venne costruito un camposanto, dove i caduti venivano inumati in attesa del rientro in Patria. Piogge eccezionali fecero in un caso emergere le bare.
Le prede di guerra e la Leona.
Quando l’esercito inglese si ritirò durante l’avanzata verso Alessandria, abbandonò anche bagagli ed effetti personali degli ufficiali. Ad Alvaro capitò di imbattersi nel bagaglio di un ufficiale australiano, del quale conservò un set di bastoni da golf andato poi perduto durante la ritirata italiana. Ma soprattutto Alvaro entrò in possesso di un camioncino con cassone tipo pickup a cabina aperta di fabbricazione americana con un potente motore ad otto cilindri. Tolto il pesante ed inutile cassone, apposto sui due lati del cofano l’emblema del cavallino rampante, il camioncino venne battezzato “Leona” per le sue brillanti prestazioni. La Leona consentiva ad Alvaro, quando veniva dato l’allarme, di coprire per primo il tratto di pista che collegava gli alloggi con il campo d’aviazione vero e proprio, evitando così la nuvola di sabbia e polvere che i veicoli sollevavano. La Leona fu abbandonata quando gli Italiani lasciarono l’Africa.
Al lupo, al lupo!!
I rifornimenti al fronte non sempre erano regolari. Per un lungo periodo, il rancio era in sostanza costituito da tonno in scatola, che alla lunga, monotonia a parte, provocò diversi casi di disturbi gastrointestinali (il cosiddetto “gatto di pancia”) che poco si addicevano a dei combattenti. Quando concludendo una riunione dei piloti il comandante di squadriglia Francois lanciò il consueto grido di guerra “al lupo, al lupo!”, per protesta, al posto dell’ululato “uhhh!”, Alvaro rispose con un ironico “beeeh!” che gli costò l’immediata consegna nei sui alloggi. Dopo due giorni il comandante gli mandò a dire che poteva dimenticare il deplorevole episodio.. in cambio della Leona. Alvaro rifiutò, scontando per intero la punizione.
“Fa friscu e nun me lavu”.
Le tende che costituivano gli alloggi venivano interrate, sia per ripararle da incursioni nemiche che per mantenerle fresche. Alvaro realizzò una doccia con acqua calda e fredda interrando il fusto della fredda e lasciando al sole il fusto di quella calda. L’attendente di Alvaro, per il quale l’igiene personale non era in cima alla lista delle priorità, all’invito di servirsi della doccia di cui sopra, rispondeva “No grazie, fa friscu e nun me lavu!”. In estate in Africa …
Neri De Benedetti.
Neri De Benedetti venne abbattuto durante un’azione su Malta. Recuperato dagli Inglesi e trasferito al carcere de La Valletta tra gli insulti della popolazione che soffriva per i bombardamenti della base navale, venne interrogato dai servizi inglesi che, al suo rifiuto di dire altro che nome, grado e numero di matricola, gli fecero vedere un organigramma esatto ma incompleto della sua squadriglia, invitandolo a collaborare in cambio di un trattamento preferenziale. A seguito di un ulteriore ostinato rifiuto, venne classificato come non collaborativo. Il caso volle che proprio in quel periodo, a seguito dell’entrata in guerra degli Stati Uniti, gli Americani richiedessero dei prigionieri italiani in ostaggio per eventuali scambi o rappresaglie per i prevedibili prigionieri americani in Italia. Gli Inglesi furono ben lieti di liberarsi dello scomodo prigioniero Neri, che scontò la prigionia in una fattoria del mid-west, dove imparò la lingua e visse sostanzialmente libero fino alla fine delle ostilità. Dichiaratosi medico, per non smentirsi dovette anche operare un altro prigioniero ad un dito della mano, con esiti fortunatamente non letali …
Il lancio col paracadute.
Alvaro fu costretto a lanciarsi col paracadute dal suo aereo fuori controllo. Fu un’esperienza drammatica che sperò di non dover ripetere. Quando atterrò, ammaccato ma pressoché incolume, tentò di mettersi in bocca una sigaretta, ma non ci riuscì in quanto aveva un dente rotto che sporgeva dalle labbra proprio nel punto in cui voleva infilare la sigaretta.