Enzo Martissa nasce a Monfalcone 16 agosto 1913, fa domanda di arruolamento nella Regia Aeronautica e, superato il corso per Allievi Ufficiali Piloti di Complemento, nel 1936 e’ ammesso al Servizio Permanente Effettivo. Partecipa alla missione speciale in Spagna e nel giugno 1940 viene inviato sul fronte Nordafricano al seguito della 91^ Squadriglia, X Gruppo, 4 ° Stormo C.T.. Il X Gruppo e’ comandato dal Ten.Col. Armando Piragino e giunge a Tobruk T2 con 27 CR.42. La 91^ Squadriglia comprende i piloti: Cap. Giuseppe D’Agostinis (com.te di Squadriglia), Ten. Enzo Martissa, S.Ten. Ruggero Caporali, M.llo Raffaele Chianese, M.llo Vittorio Romandini, Serg.M. Leonardo Ferrulli, Serg.M. Lorenzo Migliorato, Serg.M. Natale Fiorito, Serg.M. Elio Miotto , Serg. Aldo Rosa, Serg. Alessandro Bladelli, Serg. Guido Scozzoli e Serg. Luigi Ferrario.
L’8 agosto 1940, il Ten. Martissa decolla da El Adem T3 insieme ad altri quindici CR. 42 del IX° e X° Gruppo al comando del Magg. Carlo Romagnoli per una missione di pattugliamento e scorta a cinque bombardieri SM 79. In volo viene attaccato da velivoli nemici che, dopo un aspro scontro, abbattono cinque CR. 42. Il Ten. Martissa ha il velivolo colpito gravemente ed e’ costretto ad un atterraggio di fortuna nel deserto, a 15 chilometri da El Adem. Sopravvive miracolosamente per due giorni ed il 10 agosto viene salvato casualmente dalla XXII Compagnia Bersaglieri Motociclisti.
Il CR.42 di Martissa (MM4306) viene recuperato e rimesso in linea nel settembre 1940 e assegnato alla 84^ Squadriglia. Al Martissa sono state conferite tre Medaglie d’argento V.M., la Croce al merito di guerra, la Medaglia commemorativa della campagna di Spagna. Ha conseguito un abbattimento individuale ed 11 condivisi. Perde la vita a Rimini il 15 luglio 1951 durante una manifestazione aerea.
Decorato di medaglia d’Argento al V.M. sul campo “Gregario di una formazione da caccia attaccato da soverchianti forze avversarie cooperava per l’abbattimento di cinque velivoli nemici. colpitogravemente da un pallottola che gli aveva fratturato la gamba destra, malgrado la grande perdita di sangue riusciva in un supremo tentativo a rimettere in assetto normale il velivolo caduto in vite e duramente colpito. nel tentativo di rientrare nel proprio campo era costretto ad atterrare, per l’arresto del motore, in zona deserta. ritrovato dopo due giorni si rammaricava solo di dover sospendere la sua attività di guerra.” Cielo della Marmarica, 8 agosto 1940/XVIII (b.u. 1940 — dispensa 38 — pag. 1316) |
Decorato della medaglia d’Argento al V.M. sul campo “Ufficiale pilota di eccezionale perizia e coraggio, gia’ distintosi in numerose e rischiose azioni belliche, durante un’incursione aerea nemica compiuta su un nostro campo, partiva immediatamente in volo attaccando per primo i numerosi apparecchi avversari, e, dopo averne abbattuto uno, insisteva nell’attacco sino a che gli altri aerei non venivano messi in fuga e dispersi.” Cielo di Tobruk, 16 giugno 1940 (b.u. 1940 — dispensa 41 — pag. 1445) |
Decorato della medaglia d’Argento al V.M. sul campo “Ardito pilota da caccia, gia’ distintosi per brillanti prove di valore, in aspro duello aereo su territorio nemico costringeva all’atterraggio un caccia avversario. Sulla via del ritorno, colle mitragliatrici inceppate, accortosi che un caccia nemico stava attaccando con successo un suo giovanissimo gregario, con eroico altruismo, pur conscio di non potersi difendere con le armi, impegnava l’avversario, consentendo al dipendente di porsi in salvo. Il giorno seguente, assolta una missione sulle linee, si addentrava in territorio avversario e riusciva ad incendiare il velivolo precedentemente atterrato, quando gia’ il nemico si apprestava a recuperarlo. Dava infine prova del suo ardire attaccando e riuscendo a mettere fuori combattimento, in collaborazione con altri apparecchi, quattro autoblinde nemiche che tentavano una incursione”. Cielo della Cirenaica, 24-25—26 luglio 1940 XVIII (b.u. 1940 — dispensa 44 — pag. 1581) |
Testimonianza del Gen.Fabio Merzari, Comandante della Div. 3 Gennaio, e del Gen.Giuseppe De Agostinis, divenuto dopo la guerra, Comandante della 1a Regione Aerea
Fin dai primi giorni di guerra squadriglie nemiche di autoblindo avevano preso ad infilarsi dietro le nostre linee, scorrazzando nelle retrovie. Erano belle macchine Rolls Royce, in grado di fare comodamente 100 chilometri ora anche fuori pista, armate con due mitragliatrici, e con una autonomia di parecchi giorni: specie di « incrociatori del deserto », insomma. Gli equipaggi erano tutti di cavalleria, ma avevano lasciato i cavalli al Cairo: si erano esercitati intensamente nel deserto, ed erano stati mandati al fronte proprio con il vecchio compito della cavalleria. Fare scorrerie sempre fastidiose, qualche volta micidiali, sul retrofronte lontano. Per combatterle, partendo dall’idea che il deserto è nudo come il palmo della mano, ricorremmo all’aviazione. Gli aerei, dall’alto, identificavano facilmente le blindo e potevano mitragliarle. Sennonché giunsero presto norme che limitavano l’uso di caccia e bombardieri per questo scopo, ed allora, come al solito, dovemmo ricorrere ai ripieghi. Armammo i nostri vistosi Lancia 3 RO con una mitragliera da 20 mm e qualche volta anche con un cannoncino da 47 anticarro: mettemmo insieme, così, nel giro di pochi giorni, una « colonna celere », e ci buttammo alla caccia delle autoblindo. Il 23 luglio 1940, una di queste colonne celeri della divisione 3 Gennaio sta transitando da Sidi Rezegh (un nome destinato a divenir celebre molto più tardi) quando osserva un nostro caccia dallo strano comportamento. L’apparecchio esce bruscamente da una formazione che sta sorvolando la stessa località e batte le ali, vicinissimo alla colonna. Sapremo poi che il pilota ha trasgredito gli ordini, ma per un buon motivo: avvistata una formazione di autoblindo nemiche, ci vuol segnalare l’imminente pericolo. Così provvidenzialmente avvertita, la nostra autocolonna si spiega, ingaggia combattimento e, dopo un rapido scambio di colpi, riesce a catturare una intera squadriglia nemica di tre autoblindo in ottimo stato, più un carro soccorso, sia pure a prezzo della perdita di un capomanipolo e di due artiglieri. Naturalmente fummo assai grati al pilota di quel che aveva fatto. Lo facemmo cercare, lo trovammo, e lo invitammo il giorno dopo a colazione. Si chiamava Enzo Martissa. E questa è la prima parte della storia. La seconda si verificò una settimana dopo, quando il comandante di un’altra colonna celere della “3 Gennaio” si recò, la sera, a prendere i consueti ordini operativi dal comandante della divisione, per il giorno dopo. Si doveva perlustrare il tal settore, il talaltro ed anche la zona a sud di Tobruk, in pieno deserto, sino ad un certo punto, dove si trovava un pozzo abbandonato. Il comandante della colonna osservò che proprio quel pozzo era stato perlustrato pochi giorni prima, e che quindi non c’erano molte ragioni per ritornarci. Ma quasi obbedendo ad un istinto misterioso (appunto quel dettaglio di cui si parlava prima), l’ordine venne confermato con un «Ci vada lo stesso». In tarda mattinata, con un feroce sole a picco sulla testa, la colonna arriva al pozzo, che pare deserto. Si fa per tornare indietro, quando qualcuno nota, in un avvallamento poco discosto, un troncone d’ala che sembra spuntare dalla sabbia. E’ un nostro caccia abbattuto e finito lì, con un atterraggio di fortuna: steso sotto l’ala, con una gamba rotta, la febbre, e quasi incosciente, vi è il tenente Martissa. Lo si rianima con una borraccia d’acqua, ma non crede ai suoi occhi: non crede al singolarissimo miracolo al quale deve la sua salvezza. Fin dal giorno prima ha scritto faticosamente sull’ala del suo apparecchio, sotto il cavallino rampante della 91^ Squadriglia, la «Baracca», poche righe di testamento e un breve ringraziamento per «l’ombra fatta alla mia agonia, dalla tua ala ferita». Con una radio, viene avvertita la squadriglia del tenente, mentre la colonna comandata dal capitano Geverini, di Arezzo, attende sul posto, somministrando le prime cure rudimentali. Nel primo pomeriggio un Ca 133, pilotato dal capitano Giuseppe De Agostinis atterra splendidamente e raccoglie il suo ufficiale. All’ospedale di Tobruk, e poi al Rizzoli di Bologna, Martissa ne ebbe per un po’ ma poté raccontarla. Morì, invece, qualche anno fa a Rimini: era tornato all’acrobazia, e questa gli fu fatale, in una bella giornata di festa.
Da “quelli del Cavallino rampante” del gen. Antonio Duma
Il 1° novembre (1938) il cap. Fassi assume il comando della 96^ Squadriglia … Lo stesso giorno viene assegnato il ten. Enzo Martissa, del corso Orione, proveniente dal 2° Stormo. Due mesi dopo sarà trasferito al Centro Sperimentale di Guidonia, ma più tardi tornerà nelle file del Quarto. …. Nei primi mesi dell’anno si verificano alcuni movimenti di personale. Il ten. Martissa, dopo una prima assegnazione alla 96^ Squadriglia alla fine del 1938, e dopo essere stato presso altri reparti, torna al 4° Stormo dal 1° febbraio, proveniente dal 51° Stormo, ove viene trasferito il ten. Meneghel …
5 giugno 1940: … Partenza per Tobruk. … La 91^ Squadriglia ha anch’essa due anziani acrobati, i marescialli Chianese e Romandini, allo Stormo fin dal 1931; i sergenti maggiori Ferrulli e Migliorato sono veterani della Spagna, il serg.magg. Fiorito e il serg. Miotto hanno un paio d’anni di volo, il ten. Martissa è già stato al reparto in precedenza e vi è tornato da pochi mesi.
2 giugno 1940: …i giungono i velivoli delle tre squadriglie ed hanno subito inizio le operazioni di sistemazione del personale e del comando di Gruppo, mentre Martissa e Scozzoli della 91^ montano d’allarme.
14 giugno 1940: … Martissa, Caporali e Scozzoli, dopo aver scortato un SM.81 diretto a bombardare autoblinde nemiche nella zona di Amseat, effettuano una ricognizione su Sidi Azeiz e mitragliano mezzi meccanizzati nemici.
15 giugno 1940: … Decollano immediatamente Martissa, Romandini, Miotto e Bladelli che inseguono i tre velivoli e ne abbattono due.
26 giugno 1940: … Martissa e Scozzoli trasportano con il Ca 133 della 91^ otto giornalisti a Porto Bardia, rientrano con l’apparecchio colpito dalla reazione contraerea.
28 giugno 1940: … D’Agostinis parte con Martissa e Lanfranco per una ricognizione armata contro autoblinde nella zona di Sidi Azeiz, ma Lanfranco perde olio e deve atterrare a Bu Amud. D’Agostinis e Martissa sono fortunati: scoprono, infatti, e attaccano dodici autoblinde in agguato attorno al campo di Sidi Azeiz, riconquistato il giorno precedente.
30 giugno 1940: … Romandini e Chianese portano il Ca 133 a Bengasi. Il giorno dopo, Martissa, Migliorato e Ferrulli partono con tre CR.42. Migliorato atterra però ad Ain el Gazala per noie al motore.
3 luglio 1940: … Migliorato insiste, decolla da Derna, il motore non va ancora ed atterra fuori campo nei pressi del Villaggio Oberdan. E’ circondato dagli agricoltori della zona e da carabinieri che, moschetti puntati, ordinano “mani in alto”. Lo credono un inglese. Tenterà poi invano il giorno dopo, insieme a Martissa, di ricuperare il velivolo andando a Barce con un Ca 133.
23 luglio 1940: … Nel combattimento che segue Martissa, Miotto e Bladelli sono coinvolti direttamente ed abbattono un Gloster in collaborazione col 13° Gruppo. … Aurili incontra tre Gloster e ne mitraglia uno. Martissa ne colpisce un altro che è costretto ad atterrare fortunosamente. … Il giorno dopo Martissa, rientrando con Romagnoli da una ricognizione sul fronte, ricerca il Gloster che aveva costretto ad atterrare e, rintracciatolo, lo mitraglia e lo incendia. Queste azioni varranno a Martissa una medaglia d’argento.
8 agosto 1940: … Con il comandante del 10° sono: D’Agostinis, Martissa, Rosa, Guiducci, Savini e Monti; con Pezzè, De Campo, Battaglia, Querci, Renzi, Dallari, Valle, Gino e Poli. … Le perdite del 4° Stormo sono gravi, la formazione è scompaginata, i superstiti dirigono isolatamente verso la base, ma la metà dei piloti non rientra. Su otto assenti, sei sono della 73^: Renzi, Dallari, Valle, Poli, Querci e Gino, gli altri due piloti sono Martissa e Rosa, della 91^. … Di Martissa e Renzi nessuna notizia. … Alcuni piloti del 10° liberi dai turni d’allarme, … effettuano ricognizioni sulla zona del combattimento per rilevare qualche indizio che possa portarli a rintracciare Martissa e Renzi, ma non scoprono nulla. Le ricerche dei due piloti continuano anche il giorno 10, utilizzando i CR.42 ed i Ca 133. Nel frattempo giunge notizia che una colonna di bersaglieri ha trovato Martissa. Il ricordo di quel ritrovamento, a quarant’anni di distanza, è ancora vivissimo in Domenico Raspini, l’ufficiale comandante di plotone della XXII compagnia bersaglieri motociclisti di pattuglia a circa 80 chilometri a sud di Tobruch: ” … Vedemmo un aereo nel deserto. Ci avvicinammo e sotto l’ala vi era il ten. Martissa con una gamba quasi asportata da un proiettile esplosivo di un caccia britannico. Lo soccorremmo. Ci disse che se non fossimo arrivati noi si sarebbe sparato un colpo di pistola perchè stava morendo di sete. Soccorremmo il pilota ed abbandonammo l’aereo. Sul copriruota del caccia, sul quale era raffigurato un grifone, se non ricordo male, aveva inciso con un temperino queste parole … : Tu grifetto, sei stato fregato alla testa. Quanto avrei sofferto di meno se avessi avuto la tua stessa sorte! Non sono ferito mortalmente, ma lo stesso me ne dovrò andare all’altro mondo, perché non mi posso fare quei 1020 km che mi porterebbero su una pista. E sarà per fame e sete”. Il velivolo di Martissa aveva incassato più di cento proiettili negli impennaggi, nelle ali, nella struttura e nel rivestimento della fusoliera, nell’elica, nel carrello e nel motore, che ad un certo punto, era andato fuori uso. Così Martissa era stato costretto ad atterrare fuori campo ad una quindicina di chilometri dal T.3. Ferito gravemente, perdendo sangue, si era trascinato sotto l’ala dell’aeroplano per ripararsi dai raggi infuocati del sole della Marmarica e lì aveva trascorso due interi giorni e due notti. Malgrado le sofferenze delle ferite e il lungo tempo di permanenza nel deserto senza il minimo conforto, bevendo le poche gocce d’acqua che il freddo della notte faceva condensare sul bordo dell’ala, aveva conservato altissimo lo spirito, riaffermando ancora una volta le sue belle doti di Ufficiale e di combattente. Allo stremo delle forze, quando anche la speranza nei suoi camerati sino ad allora viva, stava per abbandonano, Martissa aveva inciso queste parole sul copriruota sinistro del CR.42, nel campo bianco ove era dipinto il grifo della 91^ Squadriglia, al quale un proiettile aveva trapassato la testa, e poi aveva atteso serenamente la fine. Il pilota viene trasportato a El Adem con un Ca 133 e successivamente ricoverato all’ospedale della Marina di Tobruch. L’apparecchio sarà recuperato più tardi e rimesso in efficienza dalla SRAM di EI Adem. Martissa riferì anche di aver abbattuto due velivoli nemici, durante un inseguimento, prima di dover abbandonare la lotta.
Anonimo
… La tragica serie non è finita, il capitano Martissa ha perso la vita durante un’esibizione acrobatica. La ferale notizia ci ha colti di sorpresa turbandoci profondamente dato che lo sapevamo in licenza al mare; ma ecco come sono andati i fatti. Egli si trova in vacanza a Rimini con la famiglia per un paio di settimane. Sull’aeroporto della cittadina romagnola in questi giorni si dà una manifestazione aerea e lui naturalmente non vuol mancare alla festa aviatoria. In campo trova un suo collega, un aiutante maggiore, che dovrebbe esibirsi in un assolo acrobatica con l’S.7. Sollecitato e pregato dall’amico perché prenda il suo posto allo scopo dì offrire alla manifestazione dei numeri sensazionali, il comandante Martissa non resistendo alla tentazione cede all’invito. In breve si porta al decollo guadagnando quota e dando l’avvio al suo programma. Dopo un incalzare di evoluzioni altamente emotive e spettacolari, sigla il finale col famoso « looping rovesciato »: da quota 1000 circa apprua il velivolo descrivendo nell’aria un semicerchio normale al terreno; dopo aver superato a pochi metri dal suolo la fase assai critica cosiddetta dell’« imbarcata », nella fase immediatamente successiva, durante la quale dovrebbe risalire per chiudere il cerchio alla sua sommità, striscia invece rovinosamente a terra schiantandosi. Forse in quel punto subdolo è stato tradito, forse si è sentito male. Chissà! Abbiamo perso così il nostro comandante di squadriglia, dal nobile passato, che tutti c’invidiavano.
Da “La meravigliosa avventura” di Renato Rocchi
… Il 15, al termine di una gara a circuito chiuso, andava in volo il magg. Enzo. Martissa con il suo SAI-7 programma acrobatico piuttosto impegnato con l’esecuzione di figure acrobatiche negative, come il “Looping “ e la “ Schneider “. Alle 18.30 arrivava sul cielo del campo la pattuglia acrobatica di 4 Mustang del 5° Stormo e Martissa si metteva fuori zona per godersi lo spettacolo … usciti i Mustang dal circuito, rientrava il Magg. Martissa che, sull’ala dell’entusiasmo, si ripeteva con le figure più impegnative del suo programma. Renzo Renzi scriveva: “… Martissa ritorna su noi con la novella foga ed assistiamo ad una “Scampanata” meravigliosa, poi ancora ad un “Toneau”, e “Loopings” e “Imperiali”, tutti magistrali; per ultima figura tenta un “Looping” rovescio che è la sua firma. L’apparecchio è in quota, ma non tanto alto, perde velocità come per entrare in “vite”, scende invece in una picchiata frenata dallo svelto spedalare sul timone verticale, quindi si rovescia, scende sul pubblico in una posizione fortemente imbarcata, e passa veloce in volo rovescio … Ma che fa? Non richiama l’apparecchio, scende veloce in una puntata rovescia che gela il sangue nelle vene. Non sale più? Una strisciata, un urto, uno scoppio nello spazio di due secondi, il paracadute nello schianto si apre, bianco fiore, per stendere il suo serico velario sulla morte del migliore acrobata italiano ed europeo. L’aereo non c’è più. Martissa pare scomparso in cielo.