serg.magg. Fausto Santin n. 01/01/1922 + 04/05/2009
E’ l’8 settembre 1943 e mi trovo nell’aeroporto di Mondovì (Cuneo) dove, da alcuni mesi, continuo l’addestramento al pilotaggio di aerei sempre più avanzati. Insieme a me altri centoventi piloti di primo grado, provenienti da tutte le regioni d’Italia.
Veniamo divisi in 10 squadre da 12 elementi ciascuna e assegnati ad istruttori di volo acrobatico e strumentale. L’ambiente è moderno con anche una piscina.
Il mio istruttore è il Maresciallo Lusini di Siena, valoroso combattente e paziente maestro di volo. Per l’insegnamento teorico siamo decentrati in baracche di legno sparse nella campagna adiacente all’aeroporto. Complessivamente sono una buona sistemazione. Il vitto risente delle difficoltà dell’epoca, ma non ci lamentiamo. Sognavamo e sogniamo solo di volare!!
Arriva la sera di quel maledetta giornata ed io che nel frattempo sono stato nominato Capo-Corso, per cui ho la responsabilità di tutti i piloti della scuola, vengo chiamato d’urgenza dal Maggiore Pilota Pepe, vice comandante dell’aeroporto che mi ordina di far suonare dal trombettiere di servizio l’adunata. Ciò avviene immediatamente e il reparto si schiera nel piazzale della base.
Sono e siamo ansiosi di sapere il perché di quella adunata, quando appare il Comandante, Colonnello Lavatelli che con voce quasi di pianto ci informa della resa dell’Italia alle potenze anglo-americane.
L’effetto tra noi è devastante, per cui si formano subito gruppi contrapposti, consenzienti e dissenzienti. Non serve richiamarli alla disciplina, all’onore di soldati, nulla serve più, e con dolore assisto ai primi allontanamenti in abito civile di parecchi compagni, specie di quelli residenti nelle regioni più prossime al Piemonte. E’ uno spettacolo terribile! In pochi giorni quello che era stato un reparto scelto della Regia Aeronautica era diventato una banda di straccioni (perché, sobillati dai contadini dei dintorni, avevamo dovuto cedere le nostre uniformi, le tute da volo, ecc, ecc… ricavando in cambio sandali, pantaloni e camicie vecchie, scolorite, ecc, ecc…). Dell’aeroporto oramai non esisteva più nulla, tutto era stato rubato, tanto che, per quattro giorni mangiammo solo patate fritte che il direttore di mensa era riuscito a cucinare. Alla fine anch’io con pochi amici rimasti, dovetti lasciare per sempre l’Aeroporto e incamminarmi nel tentativo di ritornare a casa. Un po’ a piedi, un po’ con un camion e il resto con un treno diretto a Trieste, riuscii il giorno 18 settembre 1943 , a raggiungere Gorizia.
6Mia madre quando bussai alla porta di casa non mi riconobbe tanto ero sporco e trasandato con i piedi pieni di vesciche. Dovetti convincerla che ero io, suo figlio, per cui si mise a piangere dalla felicità di riavermi con lei.
Trascorsi, così, pochi giorni con la famiglia ma quando seppi che si stava riformando l’aeronautica, seppure sotto l’egida dei tedeschi, non esitai un attimo e mi presentai al Col. Bordin della ex R.A. all’Aeroporto di Gorizia. Colà trovai un centinaio di piloti già facenti parte della locale Scuola Addestramento Caccia e altri che l’Armistizio aveva condotto a Gorizia.Tanti veterani della Guerra e tanti giovani come me, per cui venne subito costituito un Gruppo Trasporto Velivoli il cui Comandante Colonnello Enzman della Luftwaffe, delegando il comando al Capitano Pilota De Camillis, ci mise subito al lavoro. E per me e per gl’altri giovani piloti si riaprirono le porte del cielo. Riprendevamo a volare e non ci importava nulla di chi comandasse!!!
Noi piloti fummo divisi in tre sezioni, la terza al comando del Ten. Pilota Nespolo, già del 1° Stormo Caccia, la seconda comandata dal Ten. Pilota Scabello, alla quale fui assegnato, e la prima al comando di un Ten. Pilota di cui non ricordo più il nome. Dovevamo raggiungere gli aeroporti di tutta Italia fino al Lazio ma non Roma, che nel frattempo, al seguito di accordi, era stata dichiarata “Citta’ Aperta”. Dovevamo prelevare tutti gli aerei italiani ancora efficienti pilotarli nelle basi italiane di Aviano, Campoformido, Gorizia, ecc…, da dove successivamente in convogli di 15-20 aerei, li trasferivamo nelle basi aeree tedesche in Austria e Germania.
Fu un periodo di voli continui, con aerei non manutentati a causa della mancanza di specialisti e con le fabbriche distrutte dalle bombe anglo-americane. Fatalmente il nostro Gruppo subì gravi perdite con molti piloti deceduti e dispersi. Nell’aprile 1944 a seguito della fondazione dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana, il Colonnello Ernesto Botto, Medaglia D’Oro al V.M., Sottosegretario di Stato dell’Aeronautica decise il nostro richiamo nell’Arma Azzurra ponendo fine al nostro impiego sotto il Comando del Luftflotte 2 germanica, unico reparto italiano incluso nella Luftwaffe.
Ricordo quel periodo con nostalgia perché volavo di continuo, primo o secondo pilota che fossi (ho pilotato come secondo anche un SM-79 da Ancona ad Aviano e un S-82 da trasporto da Milano a Gorizia,…. Ed erano trimotori)!!
Ho avuto anche incidenti per fortuna risoltisi sempre con piccoli danni fisici e ricordo ancora con un senso di allegria quando, nel mezzo del 1944 dovetti compiere un atterraggio sull’aeroporto di Fano e per mancanza dei freni al CR-42 che pilotavo per ritornare a Gorizia, mi mangiai tutta la pista e, visto che l’aereo non si fermava, dovetti puntare su una cosa grossa di colore bianco che transitava di li. La investii in pieno e vidi volare decine di pecore che morirono, povere bestie! Mentre io mi salvavo con l’aereo in pezzi!
Rientrato nell’ANR venni destinato al Raggruppamento Caccia sito a Venaria Reale (TO), per mancanza di aerei venni posto in licenza illimitata, a disposizione.
Non venni più richiamato e così ebbe termine la mia avventura nei cieli.
Bene concludo questo mio breve ricordo considerandomi fortunato di aver potuto vivere quegli anni con la divisa azzurra, l’aquila da pilota puntata al petto e le ali dell’aquila sulle spalline.