Per gentile concessione di “JP4” rivista mensile di aeronautica – settembre 1994
autori F.D’Amico – G.Grande
Il Gruppo Aviotrasporti Italiano, già denominato nel corso della sua attività come Aeroporto Gorizia, Gruppo Trasporti Germanici, Gruppo Trasporto Apparecchi e Gruppo Trasporto De Camillis, venne ufficialmente identificato come Gruppo Trasporto Velivoli (G.T.V.) dal 12 maggio 1944, data in cui passò ufficialmente alle dipendenze dell’Aeronautica Repubblicana. Già questa confusione di nomi e sigle dà una prima idea delle condizioni e della semi-clandestinità in cui il reparto si trovò ad operare. Dipendendo in tutto e per tutto dalla Luftwaffe, anche se assistito dall’autorità militare della RSI, esso svolse prevalentemente (in condizioni spesso precarie e difficili) operazioni di recupero e trasporto velivoli.
Il GTV si costituì ed operò spontaneamente sino dal 15 settembre 1943 sull’aeroporto di Aviano (Pn) al comando del Cap. Antonio De Camillis per poi essere trasferito poco dopo, per l’inadeguatezza delle strutture logistiche, presso il campo di Merna (Gorizia). Ad esso spettò il compito di trasferire il materiale di volo, per lo più velivoli leggeri mono motori nuovi o di recupero presso le Flugzeugfuhrerschulen di 1° e 2° Periodo ove venivano riutilizzati o rottamati: Caproni Ca.100 e Ca.164, Nardi FN.305, Avia FL.3, FIAT C.R.32 e C.R.42, G.50, Macchi C.200 e 202.
Inoltre vennero recuperati dai campi di volo dell’Italia centro-settentrionale Caproni Ca.310 e 313, ed altri tipi di velivoli e dopo essere stati concentrati prevalentemente sui campi di Lonate Pozzolo, Aviano, Aiello e Gorizia, venivano trasferiti in piccoli gruppi o singolarmente a seconda delle esigenze del comando della 2. Luftflotte.
Il Gruppo era formalmente suddiviso in tre squadriglie comandate rispettivamente dal Ten. Lamborghini (1^ Sq.) , dal Ten. Scabelli (2^ Sq.) e dal Ten. Nespolo (3^ Sq.), ma nel reale impiego non si tenne mai conto di questa artificiosa suddivisione.
Sul campo inoltre, condotta da veterani del 4° Stormo tra cui i M.lli Gusso, Zorn, Montanari, Chianese, Romandini, Costigliolo e Bandini, funzionava una Scuola provvisoria di pilotaggio che abilitava i piloti ad apparecchi di tipo più complesso. Non dimentichiamo infatti che la quasi totalità del personale di volo era costituito da giovani inesperti ufficiali, provenienti dal Corso Vulcano della Regia Aeronautica destinati al termine del ciclo addestrativo alla Scuola Caccia di Gorizia.
L’armistizio rappresentò per tutti il classico fulmine a ciel sereno stroncando sogni ed aspettative, ma più per la voglia di volare che per le idee politiche, di fronte alla non facile scelta tra il congedarsi o servire il governo della R.S.I. Quasi tutti aderirono al secondo proposito in attesa di tempi migliori.
Il comando tedesco ignorava però che la maggior parte dei piloti italiani aveva avuto un’esperienza basata esclusivamente sui classici Breda Ba.25 e IMAM Ro.41 e solo qualcuno, poche ore di volo passate sui C.R.32, Macchi C.200, C.202 o Fiat G.50.
Inoltre anche le condizioni dei velivoli da trasportare erano spesso precarie, si volava spesso senza strumenti di bordo, a vista e con l’unico ausilio di una comune carta geografica sperando che il motore non piantasse all’improvviso. Ogni volo pertanto rappresentava una grossa incognita, era facile infatti che partiti in cinque o sei, per l’improvvisa difficoltà legata ad avverse condizioni atmosferiche o per avarie meccaniche, solo qualcuno pervenisse a destinazione finale.
Anche operativamente molto spazio era lasciato all’improvvisazione: il più delle volte non veniva comunicato nemmeno il tipo di apparecchio da ritirare oppure, a consegna avvenuta, il rimpatrio avveniva in condizioni fortuite quasi sempre usufruendo di occasionali voli di rientro in Italia a bordo di velivoli tedeschi come Ju-52 o He-111.
Molteplici e concomitanti difficoltà avevano provocato una serie di incidenti sin dagli inizi dell’esistenza stessa del G.T.V. Il 1° ottobre 1943 il S.ten. Oreste Russino risultò disperso durante un volo di trasporto tra Aviano e Klagenfurth, il 15 ottobre il Serg. Sportelli scomparve in un volo tra Rimini e Gorizia ed uguale sorte ebbero il S.ten. Pavolieri il giorno seguente (Perugia-Gorizia) ed il M.llo Riso il 21 ottobre (Rimini-Gorizia).
Considerato il poco tempo trascorso dell’armistizio (8 settembre 1943) e l’eterogenea provenienza del personale di volo, per qualcuno di questi “incidenti” non è escluso che si tratti di una fuga del pilota.
Il primo caduto certo del reparto si registrò il 28 ottobre, quando il Ten. Franco Angiolini (già portabandiera del Corso Vulcano) cadde nei pressi della pineta di Ravenna a bordo di un Nardi FN.305 che stava trasportando a Gorizia. Questo incidente mortale fu seguito a pochi giorni di distanza da un secondo, il 3 novembre il Serg.magg. Pietro LupO trovò la morte in un incidente di volo sul campo di Viterbo.
Nel corso del mese di novembre giunsero a Gorizia alcuni piloti del costituendo I° Gruppo Caccia che, in attesa di riordinare gli organici e di ricevere dai tedeschi i Macchi C.205 di cui sarebbe stato dotato, erano stati inviati al Gruppo Trasporti per dare una mano. Di questi piloti ricordiamo il Ten. Giovanni Pittini, il Serg.magg. Alberto Bernardi ed il Serg. Luigi di Cecco.
I primi due furono protagonisti di uno dei molti incidenti che tormentarono l’attività del piccolo reparto:
… un giorno ricevetti l ‘ordine di trasferire in volo assieme al serg. Bernardi due Ro.41 da Gorizia a Klagenfurth. Era inverno e la neve era caduta abbondante. A circa 10 chilometri dall ‘aeroporto di Klagenfurth, lungo la valle di Gail, a Bernardi pianta il motore ed è costretto ad un atterraggio di emergenza in zona boschiva e coperta da neve. Vedo la pancia del Ro.41 del mio gregario unta d’olio mentre esegue un rovesciamento. Lo seguo e vedo che capotta nella neve, per fortuna in uno spiazzo privo di alberi. Mi abbasso per vedere se può uscire. Faccio qualche giro a bassa quota. Niente. Trovo un pascolo di mucche recintato e livellato. Passaggio basso e veloce per spaventare il bestiame che mi libera una parte del prato. Scivolata d’ala, tolto motore, atterraggio come Dio vuole, alberi che ti vengono incontro, pedata violenta con imbardata finale e lieve danno alla semiala sinistra che ha toccato il terreno. Tiro un sospiro di sollievo, scendo, accendo una sigaretta e vado a cercare Bernardi. Lo trovo fuori dal suo velivolo, con sangue al naso, paracadute in spalla, ma sano e salvo. Assieme raggiungiamo a piedi una strada asfaltata; passa un camion della Luftwaffe che ci porta all ‘aeroporto di Klagenfurth …
Ten. Pittini.
Agli svariati problemi si aggiunsero con sempre maggiore frequenza veri e propri atti di sabotaggio: uno di questi rimase vittima il M.llo Romandini il 13.11.1944 nel corso di un volo di trasferimento a bordo di un Nardi FN. 305, a causa della “solita” avaria, precipitò e rimase ucciso in località Pomposa (FE).
M.llo Romandini
Non ci sono prove che si sia trattato di un sabotaggio. Il M.llo Montanari che era partito insieme a Romandini su un altro velivolo, racconta che giunti in prossimità di Chioggia si sono trovati di fronte una densa foschia che ostacolava il contatto visivo con il terreno. Montanari ha fatto cenno a Romandini che sarebbe rientrato ma quest’ultimo ha deciso di proseguire comunque. Si dice che il Romandini fu spinto a proseguire, nonostante la situazione meteorologica non favorevole, poiche’ atteso a Gorizia dalla moglie.
RAPPORTI TESI FRA ITALIANI E TEDESCHI
I rapporti con i tedeschi risultano tesi fin dall’inizio per scarsa fiducia che nutrono nei confronti degli italiani. Per i trasferimenti dei velivoli in Germania, le carte geografiche, la rotta da seguire e le relative quote da mantenere erano fornite dai tedeschi e dovevano essere restituite all’arrivo. Era tassativamente proibito deviare dal percorso segnato (i caccia erano posti a controllare la rotta) e sul campo di arrivo era consentita qualche acrobazia (velivolo permettendo), poiché ciò “dava fiducia” agli allievi delle Schulen del campo.
Al termine del volo venivano forniti vari generi di conforto (caffè, cioccolata, marmellata ecc.), ma strettamente in proporzione alle ore di volo effettivamente svolte per il trasferimento.
Il rientro a Gorizia avveniva via Baltringen-Munchen-Reim con passaggi di fortuna su He111, Ju-52, oppure S.82 o S.79 già della Luftwaffe. In relazione alle condizioni meteorologiche, le rotte da seguire per raggiungere un determinato aeroporto potevano variare: Baltringen ad esempio (situato a sud-est di Ulm) poteva essere raggiunto tramite un circuito di 1.200 chilometri (Aiello, Fraz, Tulln, Wells, Bad Aibling), oppure con uno più breve di 750 chilometri (Aiello, Bolzano, Bad Aibling).
INCIDENTI 9 MARZO 1944 – 22 APRILE 1944
A seguito di queste operazioni svolte nei mesi invernali, l’elenco dei caduti e dei feriti andò allungandosi:
9 marzo 1944: Ten. De Munari e Serg. montatore Moscardini feriti in un incidente a Neudorf.
15 marzo 1944: Serg. Tirabassi deceduto durante un volo di rientro tra Graz e Aiello nella caduta di un S.79 (forse pilotato dal personale tedesco) su cui aveva ottenuto un occasionale passaggio.
18 marzo 1944: la città di Gorizia ed il vicino campo di Merna subirono un pesante bombardamento aereo (quel giorno oltre 350 bombardieri della 15^ Air Force attaccarono i Campi di Villaorba, Udine, Lavariano, Gorizia e Maniago) nel corso del quale venne ucciso il S.ten. pil. Folicaldi ed altri quattro piloti risultarono feriti, mentre diversi furono gli specialisti uccisi e feriti. Gli apparecchi provvidenzialmente portati in volo poco prima dell’attacco, non riportarono danni.
fine marzo/ primi aprile 1944: in questo periodo va collocata anche la morte del S. ten. Luigi Rugi, che nonostante fosse riuscito ad atterrare con il suo velivolo preda della solita “avaria” nei pressi di Lubiana, venne catturato e barbaramente ucciso dai partigiani titini che controllavano la zona.
4 aprile 1944: S.ten. pil. Tarantola ferito in un incidente di volo a Holzchirken
21 aprile 1944: S. ten. Borghi e Coniedi feriti in un incidente di volo a Vercelli
22 aprile 1944: S. ten. Braschi ucciso in un incidente di volo a Lonate Pozzolo
L’INCIDENTE DEL S.ten. MARANGONOI
Tuttavia, anche se sotto la costante minaccia dei perenni sabotaggi, vi furono alcune avventure a lieti fine come quella vissuta il 5 maggio dal S. ten. Marangoni
… avevamo trasferito il giorno prima 16 Ca. 164 nuovi di fabbrica da Sesto Calende a Bolzano con l ‘ordine di trasferire poi il tutto a Munchen-Riem. Eravamo purtroppo rimasti in sei poichè durante la prima tappa noie meccaniche avevano costretto gli altri ad eseguire atterraggi fuori campo. Fortunatamente si trattava di Caproncini con i quali bene o male si può scendere su strisce di terra limitate … dei dieci uno era sceso nei paraggi di Saronno, due avevano proseguito per Orio al Serio, altri due erano arrivati con fatica a Trento e, nel tratto tra Peschiera e Malcesine, quattro, in un susseguirsi di inconvenienti che non risparmiavano nessuno, erano atterrati forzosamente sulle rive del Lago di Garda. Tutti lamentavano inconvenienti alla carburazione ed alla lubrificazione. Giunti a questo punto cercammo di far capire al magg. tedesco che comandava l’aeroporto di Bolzano che i velivoli, per quanto nuovi, non davano sufficenti garanzie per il proseguimento del viaggio. Chiedemmo che ci fossero consentiti almeno dei voli di prova e, trattandosi di biposto, che due piloti si unissero in un velivolo al fine di individuare meglio gli eventuali inconvenienti. Così io ed il s. ten. Adolfo Sehnert partimmo in una splendida giornata di sole. Mentre ci godevamo il paesaggio, forse un tantino troppo bassi, verso mezziogiorno, il motore piantò all’improvviso, costringendoci ad eseguire un atterraggio di fortuna in località Malosco, un paesino in alta Val di Non, sotto il passo della Mendola. Planando lungo la vallata, terminammo la corsa contro la facciata di una casetta: il velivolo andò distrutto ma per fortuna, sia pur lievemente feriti, eravamo entrambi illesi… Questa storia fu la conseguenza di un sabotaggio operato in fabbrica da ignoti sul motore.
S.Ten Marangoni il 12 maggio 1944 il GTV rientrò ufficialmente alle dipendenze dell’ Aeronautica Nazionale Repubblicana avendo effettuato fino a tale data un totale di 2.350 ore di volo trasportando ben 1.350 apparecchi.
ANCORA INCIDENTI
Trasportare apparecchi malgrado le condizioni sempre più malconce del materiale di volo e la palese inutilità di rischiare la vita dei piloti per una manciata di aerei che ormai nella maggior parte dei casi veniva rottamata al loro arrivo in Germania, il GTV continuò a svolgere la propria attività ed a registrare i suoi caduti:
17 maggio il Serg. Barbacovi muore in un incidente di volo nei pressi di Vicenza
28 maggio il Serg. magg. Buccero non rientra da un volo di trasferimento di un C.R.32 tra Aiello e Muenkendorf
29 maggio il Ten. Ernesto Scabello comandante della 2^ Squadriglia, rimane ucciso in un incidente sul campo di Gartamsdorf.
COMPOSIZIONE G.T.V. ALL’8/6/1944
Da un organigramma dello Stato Maggiore dell’ANR in data 8/6/44, la composizione del Gruppo Trasporti Aerei De Camillis (dicitura originale – NdA) risultava la seguente:
Sede S. Pietro di Gorizia, comandante Cap. Antonio De Camillis
1^ Squadriglia comandante S.ten. Sehnert Adolfo
2^ Squadriglia comandante Ten. Scabello Ernesto
3^ Squadriglia comandante Ten. Nespolo Pompeo.
E’ da rilevare tuttavia che la situazione è evidentemente quella anteriore al 29 maggio, sia per l’intercorsa scomparsa del Ten. Scabello, sia per il fatto che (come risulta dal documento pubblicato), il comando della 1^ Sq. era passato al Ten. Santi Alberto dal 1° giugno 1944.
In un organigramma successivo emanato dal Sottosegretario di Stato per l’Aeronautica – Direz. Gen. del Personale – 1° Reparto nel quale, in data 1/7/44, il Gruppo G.T.V. risulta agli ordini del Magg. Zigiotti Pietro (che in effetti rimpiazzò in tale data il cap. De Camillis) ed al comando della 2^ Squadriglia il posto del defunto Ten. Scabello veniva preso dal Ten. Lamborghini Renato.
Altri due incidenti mortali si verificarono nel corso del mese di giugno: il 25 il Serg.m. Taen, con a bordo il 1° Av.mot. De Biagi, precipita nei pressi di Gorizia, mentre il 29 il S.ten. Machi cade in un volo verso Bolzano.
A testimoniare lo sforzo compiuto dal reparto, sono interessanti le decodificazioni alleate delle intercettazioni radio (il famoso ULTRA) di almeno cinque voli di trasferimento in gruppo effettuati nel periodo 27 giugno – 31 luglio: tra il 27 ed il 28 giugno ben sei Caproni Ca.310 (KI+TB, KI+TC, KI+TE, KI+TF, KI+TG, KI+TI) ed 11 Ca.313 (KT+TL, KT+TN, KT+TO, KU+ZL, TI+TC, TI+TD, TI+TE, TI+TF, TI+TG, TI+TH, TI+TI) erano in volo tra Lonate Pozzolo ed Udine; il 3 luglio fu rilevato il trasferimento di tre CR.42 tra Osoppo e Trento, mentre il 31 luglio quattro CR.32 erano in volo nella zona di Bergamo.
Fino a quel punto però, pur non passando del tutto inosservati e nonostante la crescente supremazia aerea alleata, i piloti del G.T.V. erano riusciti ad evitare spiacevoli incontri con il nemico, grazie anche alla bassa quota di volo ed alle ridotte dimensioni degli aerei trasportati; ma era inevitabile che il destino riservasse al piccolo reparto italiano uno scontro a fuoco con i caccia americani e ciò ebbe luogo il 9 agosto 1944. Con alcune ricerche ed un po’ di fortuna siamo stati in grado di ricostruire lo svolgimento dei fatti visto da entrambe le parti coinvolte.
La testimonianza del S.ten. Erasmo conte Di Valvasone, uno dei protagonisti di quel tragico volo.
Nella seconda metà di luglio ci affidarono il compito di trasferire da Gorizia a Baltringen via Innsbruck quattro Saiman 202, ma le cattive condizioni meteo ci costrinsero a deviare per Bolzano, ove restammo fermi per circa 20 giorni in attesa di qualche miglioramento climatico. Finalmente quel 9 agosto ottenemmo il permesso di decollare: con me c’erano il S.ten. Zucconi ed i M.lli Zorn e Montanari. Poco dopo aver superato il Brennero, all’altezza dei laghi di Schongau, fummo improvvisamente attaccati sul fianco destro da una pattuglia di Mustang americani. Mentre cercavo scampo virando istintivamente a sinistra con la speranza di occultarmi fra le valli delle prealpi, vidi il m.llo Zorn tentare un atterraggio di fortuna. Purtroppo la manovra non gli riuscì: raggiunto dai caccia nemici fu ripetutamente colpito sino a quando l’apparecchio non prese fuoco. Scampati fortunosamente al pericolo, riuscimmo con i tre restanti aerei a raggiungere Baltringened a rientrare in sede il 13 agosto con uno Ju-52…
S.Ten Di Valvasone
La mattina di quello stesso 9 agosto erano decollati dall’Inghilterra 52 P-51D del 364° FG (8^ AF U.S.A.A.F.) per una operazione di copertura ed attacco degli aeroporti situati nell’area di Monaco, ad oltre 900 chilometri di distanza! Giunta sulla zona alle ore 10.40, la formazione americana si divise nei vari Squadron ed iniziò una sistematica opera di attacco ai bersagli al suolo. Il 384° FS attaccò alle ore 11.20 l’aeroporto di Kaufbeuren, cogliendo di sorpresa oltre venti caccia tedeschi in atterraggio. Mentre il combattimento si sviluppava in modo convulso, una coppia di P-51 pilotati dai Lt. John Gawienowski (5Y-G) e Frank T. Kozloski (5Y-P) avvistò la piccola pattuglia dei Saiman 202 che, ignara di quanto stava accadendo a pochi chilometri di distanza, continuava tranquillamente il suo volo. L’improvviso attacco dei due Mustang si concentrò sull’apparecchio del m.llo Zorn, situato in posizione di gregario destro rispetto a quello del s.ten. Zucconi e conosciamo già l’esito dell’impari combattimento. Ai due piloti USAAF fu accreditata 1/2 vittoria ciascuno e nella relazione della missione l’episodio venne liquidato con poche parole: “… un monomotore da addestramento è stato distrutto dal 384° Squadron nel punto 4WY2193…”, dietro questo freddo linguaggio vi era però la morte di un uomo a bordo di un velivolo disarmato.
I primi di agosto 1944 prese il via una ristrutturazione dell’ANR e per quanto concerneva il G.T.V.
Dalla Relazione del Gen. Tessari Capo di Stato Maggiore dell’ANRA:
… il Gruppo in parola è stato ridotto ad un nucleo della forza organica di 20 piloti con il compito di proseguire l’attività svolta sin d’ora dal Gruppo stesso. Il personale piloti eccedenti è stato smistato, se di pronto impiego, ai Comandi di specialità ed il rimanente inviato al Comando Aerotrasporti per la costituzione del 3° Gruppo… Tali modifiche venivano ufficializzate con un ordine in data 3 agosto 1944 dallo S.M.A.R. (prot.n.2/3013/SM) in cui si stabiliva inoltre che il nucleo di piloti fosse posto alle dirette dipendenze del Magg. Zigiotti.
E’ forse proprio da questa ristrutturazione che prendono il via gli equivoci apparsi su diverse pubblicazioni relativamente al fantomatico 3° Gruppo Aerotrasporti De Camillis che, come risulta chiaramente dai documenti rintracciati, al 3 agosto 1944 era ancora “costituendo” e che non andò mai oltre tale status, rendendo così chiaramente fuorvianti alcune foto di S.82 spacciate ripetutamente come appartenenti a tale reparto. Già il 15 agosto infatti, adducendo le più strane motivazioni, i tedeschi misero in pratica a terra il Gruppo (o Nucleo) privandolo del carburante. Erano le prime avvisaglie dell’Operazione Phoenix, ovvero del tentativo da parte germanica di istituire una Legione italiana in seno alla Luftwaffe, vincolandola al Fuhrer con giuramento. Il colpo di mano, architettato dal Komm. Gen. della Lutwaffe in Italia, Gen. Wolfram von Richtofen con la piena complicità del Col. Tito Falconi, ebbe gravi ripercussioni sui rapporti italo-tedeschi, causando tra l’altro il blocco di ogni attività per circa due mesi.
ORDINE DI SCIOGLIMENTO
Il Nucleo Trasporti Velivoli in quei tristi giorni di inattività fu trasferito inoperativo presso l’aeroporto di Lonate Pozzolo e lì fu raggiunto nel settembre del 1944 dall’ordine di scioglimento. Ai suoi uomini fu lasciata libertà di congedarsi o di passare ad altri reparti.
ATTIVITA’ DAL 12/5/1944 AL 15/8/1944
Nella seconda parte della sua attività (12/5/44 – 15/8/44) il G.T.V. era comunque riuscito a compiere ulteriori 660 ore di volo trasportando 206 velivoli, innalzando così ad un totale di 1.566 aerei il proprio sforzo operativo, un dato che è da solo in grado di testimoniare l’impegno da parte di un pugno di piloti disarmati nel mantenere sino alla fine fede ad un’unica bandiera.
Fausto Santin n. 01/01/1922 + 04/05/2009:
E’ l’8 settembre 1943 e mi trovo nell’aeroporto di Mondovì (Cuneo) dove, da alcuni mesi, continuo l’addestramento al pilotaggio di aerei sempre più avanzati. Insieme a me altri centoventi piloti di primo grado, provenienti da tutte le regioni d’Italia.
Veniamo divisi in 10 squadre da 12 elementi ciascuna e assegnati ad istruttori di volo acrobatico e strumentale. L’ambiente è moderno con anche una piscina.
Il mio istruttore è il Maresciallo Lusini di Siena, valoroso combattente e paziente maestro di volo. Per l’insegnamento teorico siamo decentrati in baracche di legno sparse nella campagna adiacente all’aeroporto. Complessivamente sono una buona sistemazione. Il vitto risente delle difficoltà dell’epoca, ma non ci lamentiamo. Sognavamo e sogniamo solo di volare!!
Arriva la sera di quel maledetta giornata ed io che nel frattempo sono stato nominato Capo-Corso, per cui ho la responsabilità di tutti i piloti della scuola, vengo chiamato d’urgenza dal Maggiore Pilota Pepe, vice comandante dell’aeroporto che mi ordina di far suonare dal trombettiere di servizio l’adunata. Ciò avviene immediatamente e il reparto si schiera nel piazzale della base.
Sono e siamo ansiosi di sapere il perché di quella adunata, quando appare il Comandante, Colonnello Lavatelli che con voce quasi di pianto ci informa della resa dell’Italia alle potenze anglo-americane.
L’effetto tra noi è devastante, per cui si formano subito gruppi contrapposti, consenzienti e dissenzienti. Non serve richiamarli alla disciplina, all’onore di soldati, nulla serve più, e con dolore assisto ai primi allontanamenti in abito civile di parecchi compagni, specie di quelli residenti nelle regioni più prossime al Piemonte. E’ uno spettacolo terribile! In pochi giorni quello che era stato un reparto scelto della Regia Aeronautica era diventato una banda di straccioni (perché, sobillati dai contadini dei dintorni, avevamo dovuto cedere le nostre uniformi, le tute da volo, ecc, ecc… ricavando in cambio sandali, pantaloni e camicie vecchie, scolorite, ecc, ecc…). Dell’aeroporto oramai non esisteva più nulla, tutto era stato rubato, tanto che, per quattro giorni mangiammo solo patate fritte che il direttore di mensa era riuscito a cucinare. Alla fine anch’io con pochi amici rimasti, dovetti lasciare per sempre l’Aeroporto e incamminarmi nel tentativo di ritornare a casa. Un po’ a piedi, un po’ con un camion e il resto con un treno diretto a Trieste, riuscii il giorno 18 settembre 1943 , a raggiungere Gorizia.
Mia madre quando bussai alla porta di casa non mi riconobbe tanto ero sporco e trasandato con i piedi pieni di vesciche. Dovetti convincerla che ero io, suo figlio, per cui si mise a piangere dalla felicità di riavermi con lei.
Trascorsi, così, pochi giorni con la famiglia ma quando seppi che si stava riformando l’aeronautica, seppure sotto l’egida dei tedeschi, non esitai un attimo e mi presentai al Col. Bordin della ex R.A. all’Aeroporto di Gorizia. Colà trovai un centinaio di piloti già facenti parte della locale Scuola Addestramento Caccia e altri che l’Armistizio aveva condotto a Gorizia.Tanti veterani della Guerra e tanti giovani come me, per cui venne subito costituito un Gruppo Trasporto Velivoli il cui Comandante Colonnello Enzman della Luftwaffe, delegando il comando al Capitano Pilota De Camillis, ci mise subito al lavoro. E per me e per gl’altri giovani piloti si riaprirono le porte del cielo. Riprendevamo a volare e non ci importava nulla di chi comandasse!!!
Noi piloti fummo divisi in tre sezioni, la terza al comando del Ten. Pilota Nespolo, già del 1° Stormo Caccia, la seconda comandata dal Ten. Pilota Scabello, alla quale fui assegnato, e la prima al comando di un Ten. Pilota di cui non ricordo più il nome. Dovevamo raggiungere gli aeroporti di tutta Italia fino al Lazio ma non Roma, che nel frattempo, al seguito di accordi, era stata dichiarata “Citta’ Aperta”. Dovevamo prelevare tutti gli aerei italiani ancora efficienti pilotarli nelle basi italiane di Aviano, Campoformido, Gorizia, ecc…, da dove successivamente in convogli di 15-20 aerei, li trasferivamo nelle basi aeree tedesche in Austria e Germania.
Fu un periodo di voli continui, con aerei non manutentati a causa della mancanza di specialisti e con le fabbriche distrutte dalle bombe anglo-americane. Fatalmente il nostro Gruppo subì gravi perdite con molti piloti deceduti e dispersi. Nell’aprile 1944 a seguito della fondazione dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana, il Colonnello Ernesto Botto, Medaglia D’Oro al V.M., Sottosegretario di Stato dell’Aeronautica decise il nostro richiamo nell’Arma Azzurra ponendo fine al nostro impiego sotto il Comando del Luftflotte 2 germanica, unico reparto italiano incluso nella Luftwaffe.
Ricordo quel periodo con nostalgia perché volavo di continuo, primo o secondo pilota che fossi (ho pilotato come secondo anche un SM-79 da Ancona ad Aviano e un S-82 da trasporto da Milano a Gorizia,…. Ed erano trimotori)!!
Ho avuto anche incidenti per fortuna risoltisi sempre con piccoli danni fisici e ricordo ancora con un senso di allegria quando, nel mezzo del 1944 dovetti compiere un atterraggio sull’aeroporto di Fano e per mancanza dei freni al CR-42 che pilotavo per ritornare a Gorizia, mi mangiai tutta la pista e, visto che l’aereo non si fermava, dovetti puntare su una cosa grossa di colore bianco che transitava di li. La investii in pieno e vidi volare decine di pecore che morirono, povere bestie! Mentre io mi salvavo con l’aereo in pezzi!
Rientrato nell’ANR venni destinato al Raggruppamento Caccia sito a Venaria Reale (TO), per mancanza di aerei venni posto in licenza illimitata, a disposizione.
Non venni più richiamato e così ebbe termine la mia avventura nei cieli.
Bene concludo questo mio breve ricordo considerandomi fortunato di aver potuto vivere quegli anni con la divisa azzurra, l’aquila da pilota puntata al petto e le ali dell’aquila sulle spalline.
Ettore Erasmo conte di Valvasone:
… Andai a finire al Gruppo Trasporto Velivoli “De Camillis” di Gorizia. Gruppo trasporto velivoli di varia qualità, dall’FL3 al Macchi 200, dall’Italia in Germania. Era all’incirca tra marzo e aprile del 1944. Mi presento all’aeroporto e dico: «sono Valvasone»; mi dice un caporale maggiore tedesco: «non c’è» (intendeva nell’elenco). In quel momento era presente Pontevivo, un altro del Vulcano, che disse: «Graf» (Conte), e il caporale «Ja,Ja»; nell’elenco c’era scritto «Graf Von Valvasone».
A Gorizia ritrovai oltre a Pontevivo anche Peppuccio Gennaro, Marangoni, Minotti che era di Gorizia, Di Lollo, e tanti altri del corso Vulcano. Il giorno dopo mi dettero un foglio di viaggio con l’ordine di andare a portare un FL3 a Muenkendorf, che è un paesetto in Austria dove all’epoca si trovava una scuola di volo. L’FL3 era la balilla d’Italia, con un litro faceva dieci chilometri. Aveva un motore leggerissimo. Un giorno Non riuscivo a farlo decollare controvento, allora lo presi per il ruotino di coda e lo trascinai mettendolo verso la direzione del vento, così decollai col vento in coda.
Da Gorizia la maggior parte dei voli era in direzione di Graz e dei laghetti di Klagenfurt, verso Vienna, in Austria. Spesso portavamo aerei a Graz dove c’era la «scuola allievi» tedeschi. Poi tornavamo con uno Junker 52 che ci raccoglieva tutti riportandoci a Gorizia. Graz, luogo frequente di arrivo del trasporto degli aerei, aveva più piste sia per la scuola di volo con FL3 che con gli Arado ed una pista per la scuola di volo a vela con alianti.
Nella seconda metà di luglio ci affidarono il compito di trasferire da Gorizia quattro Saiman a Baltringen, verso Magonza in Germania, via Innsbruck, ad un’altra scuola di volo. Le cattive condizioni del tempo ci costrinsero a deviare per Bolzano ove restammo fermi per circa 20 giorni in attesa di miglioramento delle condizioni climatiche. Il 9 Agosto ottenemmo il permesso di decollare. Con me c’erano il s.ten. Zucconi ed i marescialli Zorn e Montanari. Poco dopo aver superato il Brennero, all’altezza dei laghi di Schongau, fummo improvvisamente attaccati sul fianco destro da una pattuglia di quattro aerei Mustang americani. Virai istintivamente a sinistra cercando di infilarmi nelle valli strette delle Alpi [nota: a mia madre aveva detto che s’era infilato in una gola dove volando parallelo al terreno avrebbe rischiato di toccare con le ali la montagna, ma che quello era l’unico modo per salvarsi]. Gli aerei inglesi ed americani non potevano certamente volare così bassi ed in spazi così angusti. Vidi il m.llo Zorn tentare un atterraggio di fortuna virando e tornando verso la direzione da cui eravamo venuti. Fu raggiunto dai caccia nemici quando oramai era a terra e ripetutamente colpito sino a quando l’apparecchio non prese fuoco. Ci salvammo in tre raggiungendo Baltringen e rientrammo in sede il 13 agosto. I Saiman in Italia venivano usati per il volo strumentale. Li avevo usati durante i corsi in Accademia, a Capua. C’erano due strumenti che servivano per valutare se uno «andava via liscio». In maggioranza portavamo Saiman ed FL3 utili alle scuole di volo. I CR32, che a volte portai anche all’aeroporto di Graz, venivano usati come aereo civetta oppure demoliti per recuperare il ferro, strumenti e quant’altro di utile. A proposito dei CR32, il 28 maggio partimmo da Gorizia diretti a Muenkendorf in tre: io, il s.ten. Pitocchi, che era del corso Vulcano, ed il serg.m. Buccero. Pitocchi, che era l’unico ad avere la bussola, si infilò dentro le nuvole. Sentii un aereo che mi passava sulla testa. Era Buccero che tornava indietro in direzione di Gorizia. Probabilmente si perse e forse finì in mare o in qualche palude. Fu dato per disperso e non si seppe mai che fine aveva fatto. Io proseguii e facendo dei gestacci a Pitocchi lo oltrepassai e me ne andai per i fatti miei. Arrivai a Graz prima di lui, senza bussola.
Un giorno, con un CR32, ero diretto verso un altro aeroporto dell’Austria. Un sottotenente di complemento disse: «facciamo la coppia»; ma mi passava sopra e sotto continuamente. Diedi manetta e scappai perché capii subito che la coppia non l’aveva mai fatta. Infatti, come si dice, non reggeva la coppia, ovvero stare in volo affiancati. Dava continuamente «piede» per cercare di avvicinarsi. Meglio togliersi prima che mi finisse addosso. Facemmo molti viaggi fino all’Agosto del 1944. C’era un aeroporto vicino a Vienna nel cui sottosuolo, ad una profondità di dieci metri, avevano costruito una fabbrica di benzina sintetica. Gli alleati a « suon di bombe » raggiunsero la fabbrica distruggendola.
I tedeschi avevano promesso i Me 109, invece non fecero altro che cercare di portare i piloti italiani in Germania alla Lutwaffe. Io non accettai. Infatti era successo un «casino» nell’agosto del 1944: i tedeschi volevano mettere i piloti italiani con la divisa tedesca, ovvero istituire una legione italiana all’interno della Luftwaffe. Pochi lo volevano e sciolsero molti Gruppi. A causa delle tensioni con i tedeschi per due mesi fu bloccata quasi ogni attività dell’aviazione repubblicana. Il reparto G. T.V. era stato reso inoperativo il 15 agosto e trasferito a Lonate Pozzolo. Nel settembre fu sciolto e ai piloti fu data libertà di congedarsi o passare ad altri reparti …