Amedeo di Savoia Duca delle Puglie e 3° Duca d’Aosta
(da: FB “Il Duca Amedeo d’Aosta”, l’amico e suo biografo Alfio Berretta”
Amedeo d’Aosta fu l’esempio perfetto dell’italiano moderno. Veloce, ma non frettoloso. Ogni sua decisione era maturata e ben ponderata. In politica e in guerra fu saggio e i suoi giudizi sempre equilibrati. Spirito profondamente cattolico e la sua morte lo dimostra, ammirava la religione musulmana e i musulmani. Aveva gusti semplici come di mischiarsi ai lavoratori nazionali, di interrogare i nativi e conoscere i loro bisogni e subito provvedervi. Inoltre il senso dell’humor lo aiutava sempre a non drammatizzare mai gli avvenimenti. Amedeo di Savoia possedeva infine un’altra virtù: quella di non stimarsi infallibile o di sapere tutto. Anzi era felice di imparare qualche cosa che non sapeva.
Primo di due figli, Amedeo nasce il 21 ottobre 1898 a Torino nel palazzo della Cisterna con il titolo di Duca delle Puglie. Il padre è Emanuele Filiberto celebre condottiero della 3^ Armata, l’Invitta e Elena d’Orlèans figlia del conte di Parigi che vive in Gran Bretagna.
Fin dalla giovane età Amedeo è affascinato dai racconti dello zio Luigi, esploratore ed esperto africanistica e della madre che per motivi di salute, spesso si reca nel continente africano: un’attrazione che si intreccerà con gli eventi della sua vita.
Nel 1905 il padre Emanuele Filiberto viene nominato Comandante di Corpo d’Armata e si trasferisce con la famiglia a Napoli nella Reggia di Capodimonte.
A nove anni Amedeo viene inviato in Inghilterra al collegio di St. Andrew, noto per il rigore disciplinare con cui vengono educati i convittori apprendendone alla perfezione la lingua inglese.
Tornato a casa due anni dopo, è la madre Elena che si occupa dell’educazione: dal figlio esige massimo impegno scolastico e come nella maggior parte delle famiglie nobiliari, frequenta lezioni di etichetta e di equitazione.
Il giovane duca è affascinato dalle prime macchine volanti e vuole provare la sensazione del volo. Un giorno nel parco della Reggia assieme al fratello Aimone improvvisa con un’ombrello un rudimentale paracadute e lanciatosi dal primo piano, atterra incolume fra lo stupore dei presenti.
Nel 1913 a quindici anni come si addice ad un ragazzo del suo rango, viene avviato alla carriera militare: avrebbe voluto entrare in Accademia Navale ma una rigida tradizione familiare vuole il primogenito degli Aosta artigliere e così viene iscritto al Reale Collegio della Nunziatella di Napoli.
Ben presto Amedeo si scontra con il protocollo imposto agli altri convittuali: nessuno gli deve rivolgere la parola per primo e se da lui interpellati, devono mettersi sull’attenti e rispondere “Si altezza reale, no altezza reale“
Infastidito da tanta formalità Amedeo risponde ad un compagno:
“Parlami senza chiamarmi altezza reale, altrimenti ti spacco la faccia a suon di pugni“
Dà del Tu e vuole essere ricambiato allo stesso modo. Nel tempo libero, nello sport e perfino negli scherzi, si comporta come tutti i ragazzi della sua età, senza formalità e quando reputa necessario uno stile di comportamento, prima di pretenderlo dagli altri lo impone a se stesso.
VOLONTARIO SUL CARSO
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale Amedeo è allievo alla Nunziatella. Non ha ancora diciassette anni chiede e ottiene dal Re di arruolarsi volontario, inquadrato nel reggimento artiglieria a cavallo in agosto sarà il più giovane caporale della Terza Armata.
Il padre Gen. Emanuele Filiberto comandante la III Armata, presenta il figlio Amedeo al Gen. Pettini di Rorerto:
“Questo e’ mio figlio, soldato tra i soldati. Nessun privilegio ! “
In ottobre transita come aspirante ufficiale al 34° Reggimento di artiglieria da campagna e inviato sul fronte Monte sei Busi e a Redipuglia dove si guadagna la medaglia di bronzo. Nel dicembre del 1915 è promosso S.Tenente in servizio permanente per meriti di guerra. Nel 1916 è in posizione avanzata in Val d’Astico e sul Cengio a contrastare l’offensiva austriaca. Nel maggio torna sul Carso prendendo parte alle più aspre battaglie sul Monte Santo , sul Sabotino, sul Vodice e sull’ Hermada. L’azione sull’Hermada gli vale la medaglia d’Argento. Sempre nel 1916 e’ nominato tenente e dopo un anno promosso capitano per eccezionali meriti di guerra.
Prima ancora di raggiungere i 19 anni e’ già comandante di batteria, sempre accanto ai i suoi soldati e senza un giorno di riposo.
Dopo Caporetto ripiega sul Piave a Gradenigo, dove prende posizione con la sua batteria senza aver perso nessun soldato e nessun cannone. Partecipa alla battaglia conclusive sul Piave e viene traferito, suo malgrado, presso il Comando di Artiglieria di Corpo d’Armata da dove dirige il complesso schieramento di artiglieria nelle controffensive del Piave e di Vittorio Veneto.
LA PRIMA VOLTA IN AFRICA
Ad un anno dalla fine della guerra Amedeo chiede ed ottiene dal padre il permesso di seguire lo zio Luigi in Somalia dove questi stà recandosisi per esplorare il fiume Uèbi Scebèli con lo scopo di realizzare lungo le sue fertili sponde una concessione agricola per la coltivazione intensiva di cotone, di canna da zucchero e di semi oleosi. Stabilitisi in un bungalow a 30 chilometri da Mogadiscio , eseguono sondaggi e rilievi geodetici. Trovato il terreno costruiscono le infrastrutture necessarie: una ferrovia a scartamento ridotto ed un villaggio battezzato Villaggio Duca degli Abruzzi.
Dopo sei mesi di permanenza in Africa, nel 1920 il duca delle Puglie si imbarca per rientrare in Italia. Di proposito vuole percorrere la rotta più lunga doppiando il Capo di Buona Speranza ma durante la navigazione, viene colpito da febbri malariche così violente da costringere il comandante della nave a sbarcarlo a Zanzibar per il ricovero all’ospedale. Avvertita telegraficamente, sua madre si precipita a Zanzibar e vi rimane fino a che il figlio non è completamente guarito. Dimesso dall’ospedale, la nostalgia per l’Africa assale il Principe tanto da interrompere il viaggio e di rientro e compiere un’esplorazione all’interno. Amedeo si unisce ad una carovana di Boeri e con loro si avventura in zone dove non è ancora arrivata la civiltà. Su un traballante carro il Duca percorre le vecchie piste del deserto dei Kalahari pieno di laghi secchi e di cimiteri di animali.
GLI STUDI A PALERMO
Tornato in Italia si stabilisce a Palermo per riprendere gli studi liceali interrotti a causa della guerra, vivendo come tutti i giovani della buona società siciliana. Da Napoli la madre si preoccupa molto della corporatura fisica alta e secca di Buby, come affettuosamente chiama il suo Amedeo, tanto da inviargli lettere piene di raccomandazioni unitamente a bottiglie di olio di merluzzo come ricostituente.
Rassicurata dalle continue richieste del figlio di invio di ricostituente, la duchessa madre tira un sospiro di sollievo credendo che la cura abbia l’ effetto sperato. Decide di scendere a Palermo e quando si incontra con Amedeo si accorge che la corporatura non è cambiata nonostante il ricostituente. La dama di compagnia della duchessa chiede imbarazzata ad Amedeo se avesse bevuto davvero tutto l’olio inviato e lui, per tutta risposta scoppia a ridere e risponde:
“ Fossi matto, ha sentito quanto è cattivo? Un giorno l’ho provato nella motocicletta e mi sono accorto che và benissimo “
Nel 1921 il principe prende la licenza liceale e si trasferisce a Torino per frequentare la Scuola di Guerra.
LA SECONDA VOLTA IN AFRICA
in Congo tra gli operai
La prima volta in Congo è quasi una fuga, forse una punizione ordinata dal Re.
Voci di palazzo dicono che durante un ricevimento, all’arrivo del Re e della Sovrana Amedeo avrebbe esclamato:
“Arrivano curtatone e montanara“ riferendosi alla bassa statura del Re, un metro e cinquanta e all’origine di provenienza della Regina, il Montenegro.
Vera o no la storia, Amedeo s’imbarca per il Congo con pochi soldi in tasca ed un passaporto intestato ad Amedeo Della Cisterna di professione impiegato. Arrivato in Congo a Stanleyville, come un qualsiasi emigrante si fa assumere come operaio in una fabbrica di sapone gestita da una società anglo-belga.
Un migrante però che parli quattro lingue e numerosi dialetti africani che si fa assumere come operaio insospettisce tutti: l’idea più ricorrente è che si tratti di una delusione sentimentale in cerca di oblio oppure di un giocatore incallito a cui ultimamente gli affari siano andati piuttosto male perciò costretto a cambiare aria. Un giorno il direttore della fabbrica di sapone gli chiederà: “Mi tolga una curiosità, della Cisterna. Lei è troppo istruito per essere un emigrante qualsiasi. Chi è? Che segreto c’è nella sua vita? “
Amedeo per tutta risposta allarga le braccia e il direttore dandogli una manata di commiserazione sulla spalla replica “Ho capito. Una donna! Non voglio sapere altro“
L’ambiente di Stanleyville è disagiato e deprimente: poche case di pietra e molte baracche con il tetto in lamiera, nessuna strada ma solo piste polverose scavate dalle ruote dei carri. Il clima umido è asfissiante, la gente del posto è un misto di indigeni e di stranieri capitati in Congo da tutti gli angoli della terra. Amedeo non desiste è in Africa e questo gli basta!
In certi periodi piove molto, una volta nella fretta di ripararsi un operaio scivolò e sarebbe caduto se uno sconosciuto non fosse intervenuto a sorreggerlo. In ogni modo, prima di ringraziare, l’operaio se ne esce con una bestemmia.
“ italiano? “ gli domanda il giovane che l’ha aiutato “Anche lei ?” ribatte l’altro! Bevono assieme e diventano amici.
Amedeo gli racconta a modo suo la propria storia dicendoli di essere piemontese e di aver fatto la guerra in artiglieria. Dopo una pausa aggiunge: ” E addesso sono qui in cerca di fortuna. Lavoro in un saponificio come manovale”
L’altro replica: “Se ti va ti offro alloggio nella mia stanza. E’ la sola maniera per dimostrarti la mia solidarietà di connazionale“
Amedeo “Accetto, nel pomeriggio faccio fagotto e vengo da te“
Amedeo nelle ore libere va in giro a visitare la città o a contemplare i tramonti africani. Scrive a casa raccontando delle sue giornate, dei posti che visita, della gente che avvicina, dei fiumi e degli animali. Con l’amico italiano che gli ha offerto alloggio si reca dall’indigeno che fa i tatuaggi, sceglie il disegno e si fa decorare la pelle
I dirigenti della fabbrica si rendono subito conto di avere a che fare con una persona speciale tanto da promuoverlo dopo qualche tempo assistente, poi impiegato di concetto ed infine vicedirettore del saponificio ma i progetti del Duca sono altri: vuole tronare in Italia. Il direttore preso alla sprovvista, lo rimprovera per tanta ingratitudine. Amedeo non dice niente ed esce dall’ufficio a testa bassa. Lascia al suo amico italiano l’indirizzo di Torino strappandogli la promessa di venirlo a trovare alla prima occasione di un suo rientro in Italia.
NUOVAMENTE IN ITALIA
In Congo Amedeo ha una prima avvisaglia del suo male: dopo uno sforzo sul lavoro ha una emottisi. Scrive ad una persona intima “Questa volta mi è andata bene, rientro”
Nonostante ciò prima di rientrare organizza una piccola carovana con la quale attraversa la foresta e visita la zona dei laghi Tanganica e Vittoria. Al rientro a Torino il Duca verrà visitato dal prof. Pescarolo: il responso del medico è tranquillizzante.
Dopo qualche tempo tornato in Italia, l’amico a cui in Congo aveva lasciato l’indirizzo si presenta al portone del palazzo Della Cisterna. Convinto di essersi sbagliato esita alquanto prima di bussare:
“Cerco il signor della Cisterna,un tipo lungo e magro che è stato operaio in Congo”
e il cameriere che era venuto alla porta: “Vuol dire il principe“
“Macchè principe, almeno che io sappia…“ risponde frastornato l’amico.
Viene fatto aspettare e dopo un po’ giunge una signora “Il duca delle Puglie non è qui ma a Palermo. Se vuole può andarlo a trovare inSicilia, sò che gli farà molto piacere“
Ancora più confuso l’amico insiste che non cerca nessun Duca ma un certo Amedeo con il quale è stato in Africa. La signora allora lo conduce in salotto e gli mostra la fotografia: lo stupore è così grande che cade sulla poltrona madido di sudore. La sera stessa prende il treno per Palermo.
ALL’UNIVERSITA’ DI PALERMO
E’ l’anno 1923 a Palermo riprende la carriera militare con il grado di Maggiore e si iscrive alla facoltà di legge. Ad una lezione di medicina legale il docente mette in correlazione tatuaggi e delinquenza. Il compagno che siede accanto ad Amedeo si alza in piedi dicendo:
“Professore questo nostro collega è tatuato”
Il docente invita il duca ad avvicinarsi e questi divertito si toglie la camicia mettendo a nudo la schiena tatuata.
Il professore ignaro dell’identità del duca indignato replica:
“Fino ad oggi non l’avevo mai visto. Da oggi in avanti credo si tratti di un vagabondo”
Silenzio in aula, uno studente dal fondo grida “So io chi è quel tipo, è il Duca delle Puglie“
Incredulo il docente esprime tutto il suo sbalordimento “Nooo???“ . Prende le sue carte ed esce frettolosamente dall’aula: resterà assente per malattia quindici giorni!
Amedeo si la laurea in diritto coloniale discutendo su “I Concetti Informatori dei Rapporti Giuridici fra gli Stati Moderni e le Popolazioni Indigene delle Colonie” Nella tesi esamina il problema indigeno sotto l’aspetto morale sostenendo e dimostrando come solo migliorando le condizioni di vita delle popolazioni colonizzate, giustifica moralmente l’ imposizione della sovranità di uno stato.
1926 PILOTA D’AEROPLANO
Nel 1926 Amedeo vive a Torino dove frequenta la Scuola di Guerra e nello stesso anno, il 24 luglio consegue il brevetto di pilota d’aeroplano sotto l’esperta guida dell’ amico Arturo Ferrarin detto il Moro.
Nel 1927 si sposa a Napoli nella chiesa Palatina di San Francesco di Paola con la cugina Anna d’Orléans di Francia
1929 LA TERZA VOLTA IN AFRICA
Nel marzo del 1929 promosso colonnello, il Duca passa a disposizione del Ministero delle Colonie e viene inviato in Libia. Nel Fezzan ci sono disordini: bande di ribelli scorrazzano nell’interno attaccando fortini e le posizioni avanzate. Le operazioni per riportare la situazione sotto controllo sono organizzate dallo Stato Maggiore di Badoglio, che ha sostituito De Bono nel governo della Colonia e vengono condotte dal generale Graziani. Amedeo a dorso di “mehara” compie le lunghe marce e spesso, lasciato il cammello, sale sull’aeroplano per voli di ricognizione. La riconquista della Libia si conclude nel ’31 con l’occupazione di Cufra. Per le ardite azioni in volo sulla Cirenaica il duca viene insignito della Medaglia d’Argento al V.M.
1931 AMEDEO DI SAVOIA DUCA D’AOSTA
Il 4 luglio 1931 nella residenza torinese di Palazzo della Cisterna, muore Emanuele Filiberto Duca d’Aosta ed Amedeo eredita il titolo dal padre. La famiglia che fino ad allora era rimasta compatta si disgrega: la Duchessa Elena per ragioni di salute riprende i suoi viaggi in Africa e lo zio Luigi Duca degli Abruzzi, sentendo ormai prossima la fine torna in Somalia dove ha sempre detto che vuole essere sepolto.
1931 – 1932 TRIESTE COMANDANTE IL 23°ARTIGLIERA
La tradizione di famiglia vuole per il primogenito una carriera nell’arma di artiglieria. Terminato il ciclo libico, il Duca viene destinato nella primavera del ’31 al comando del 23° Reggimento Artiglieria da Campagna di Trieste dove andrà ad abitare nel castello di castello di Miramare dimora questa, che manterrà fino alla nomina di viceré di Etiopia nel 1937
Per soddisfare la sua passione per il volo, Amedeo appena gli è possibile si reca all’aeroporto di Gorizia.
Un giorno lungo la strada del Vallone trova Mons. Margotti arcivescovo di Gorizia accanto alla sua automobile in panne. Ignaro di chi si trovi a bordo dell’autovettura che gli viene incontro, il prelato comincia a sbracciarsi in cerca di aiuto e, quando aperta la portiera scende il duca grande è l’imbarazzo del Monsignore. Amedeo di Savoia, senza troppi formalismi dà un’occhiata dentro il cofano poi si toglie la giacca e presa la borsa degli attrezzi si sdraia sotto la macchina. Riparato il guasto viene fuori e tutto sporco di olio e di polvere consegna soddisfatto la macchina all’Arcivescovo:
“Altezza, potete ripartire. Il guasto è riparato“
Il prelato non sà come ringraziare ma il duca lo rassicura “Perchè ringraziarmi? M’avete dato il modo di poter dire che oggi ho fatto qualcosa di utile“
(l’episodio risale fra il 1934 e il 1937)
2 MAGGIO 1932 COLONNELLO IN AVIAZIONE
Durante una settimana trascorsa a Roma, prima della morte del padre, il giovane Amedeo aveva chiesto a Balbo che gli venga affidato un ufficiale pilota per i voli di addestramento. Il Ministro gli mette a disposizione l’ufficiale Briganti con il quale il duca si recava ogni mattina a Centocelle fino a tardo pomeriggio. Un giorno Briganti gli chiese:
“Allora, altezza reale, l’avremo in aviazione? “
e il duca scrollando la testa “Devo lottare parecchio, il ministro della guerra fa resistenza e purtroppo anche mio padre la pensa così. Bisogna conoscerlo mio padre, è un osso duro. Ma chissà!“
Trenta giorni dopo sarà in uniforme da colonnello dell’aviazione. Nel frattempo Amedeo aveva già chiesto l’autorizzazione al Re di passare all’aeronautica e, dopo qualche esitazione, lo accontenta.
Il 2 maggio 1932 il Duca d’Aosta riceve la notizia: il Re autorizza il passaggio dall’artiglieria in aviazione.
L’aeronautica è un’arma giovane e dinamica del tutto diversa dall’esercito dove formalità e tradizioni sono molto rigide da paragonar a delle catene.
DAL LIBRETTO PERSONALE ….. nell’Arma Aeronautica ruolo naviganti con il grado di Colonnello in s.p.e. è nominato Comandante del XXI° Stormo da Ricognizione Terrestre |
GLI ANNI BELLI DI GORIZIA
Durante gli anni”goriziani”, Amedeo di Savoia si reca ogni giorno a Gorizia con la sua Lancia Artena, spesso guidando personalmente e senza scorta. In prossimità dell’entrata dell’aeroporto l’autista lampeggia con i fari e la guardia al cancello allerta tutto il corpo di guardia con un – Guardia! Guardia! -e tutti si schierano sull’attenti al passaggio del Duca.
.… arrivava al mattino puntuale da Miramare e con la Lancia Artena passava tra il personale che si avviava all’aviorimessa. Davanti alla 97^ Squadriglia infilava la sua lunga combinazione ed andava in volo. Nessun cerimoniale particolare, nessuno che corresse per far di più, nessun crocchio di curiosi. Era uno di noi. Sapeva compiere tutta l’acrobazia isolata basica. Da subalterno della 97^ Squadriglia ho volato con lui molte volte come gregario, anche in manovre acrobatiche. Tirava il looping e le virate cabrate con la gradualità di chi è sicuro e padrone della manovra. Alla fine del volo manifestava l’entusiasmo del neofita e contava sul volo successivo. Quand’era comandante di Stormo andava nel suo ufficio, nel primo piano del retro-hangar, passando tra gli specialisti indaffarati intorno ai velivoli. Ha scritto di suo pugno tutte le annotazioni ed i giudizi dei fogli caratteristici degli ufficiali. Esigeva che la biblioteca del circolo ufficiali fosse continuamente rifornita ed aggiornata. Egli stesso vi contribuì con una ricca dotazione di volumi con il suo “ex libris”. Allo Stormo diede un cospicuo impulso all’impostazione concettuale di problemi tattici. Molto di originale fu appreso nelle numerose riunioni serali che furono tenute al circolo ufficiali, nelle quali dirigeva la discussione, alimentando l’interesse di ognuno. In quelle occasioni i reduci della Spagna dovevano presentare le loro esperienze di guerra. Era fiero del 4° Stormo e questa sua fierezza esternava ai congiunti reali, spesso suoi ospiti in aeroporto. Il tempo che passa può affievolire il ricordo della sua figura, ma sarebbe una stortura da ingenerosi. I suoi meriti non hanno beneficiato dell’alone principesco della persona e tanto meno dell’infatuazione. Pagava di persona, viveva gli stessi nostri entusiasmi, comandava con saggezza ineguagliabile”. Fu nel 1936 che il Duca ricevette la sua seconda medaglia d’argento al valore militare per aver salvato un pilota da un velivolo in fiamme, incurante del gravissimo pericolo rappresentato dalla possibile esplosione dei serbatoi di carburante e degli artifizi di bordo. L’episodio è rievocato da D’Agostinis, presente al fatto: “… il 5 agosto di quell’anno, sull’aeroporto di Gorizia, un velivolo da ricognizione in fase di atterraggio capottava, incendiandosi. Il Duca d’Aosta giunse per primo in macchina sul posto dell’incidente. Con lui era il cap. Larcher, suo aiutante, e l’autista. Altri accorsero a piedi, tra cui il sottoscritto. Il Duca stese la mano sotto il velivolo ed afferrò quella del pilota che, tranciatesi le cinghie, era sotto la fusoliera in fiamme. Era un tizzone ardente con le carni sanguinolente e bruciate. Ci voleva uno sforzo solo per contemplare la macabra scena. Giunta l’autoambulanza, per non straziare di più quelle carni, il Duca fece togliere i pantaloni a due avieri e li passò sotto il corpo del pilota incidentato per adagiarlo sulla barella. Il Duca d’Aosta aveva le mani sporche di sangue e i peli del braccio destro bruciacchiati. Il pilota, sottotenente di complemento Vincenzo Vigini del 21° Stormo, conscio della sua ormai imminente fine, chiedeva al Duca di non essere trasportato in ospedale per poter finire sul campo tra gli aeroplani ed i suoi camerati”. Ricordi semplici, genuini, privi di retorica, che rivelano la vera natura dei rapporti tra il Duca ed i suoi uomini, sempre permeati di umanità, e quali fossero i valori della vita nell’ambiente del 4° Stormo e negli anni belli di Gorizia.
Cap.pil. Giuseppe d’ Agostinis
1932 – 1933 COMANDANTE IL 21° STORMO R.A.
L’11 giugno 1932 assume il Comando del 21° Stormo da Ricognizione Terrestre con sede a Gorizia, ma il duca è attratto dalla caccia ed il 4° Stormo Caccia si trova proprio dall’altra parte dell’aeroporto….
IL PONY DEL DUCA
Risale a questo periodo l’episodio del pony.
Quando il Duca d’ Aosta e’ comandante del 21° Stormo R.T. gli viene regalato un pony: lo fa portare in aeroporto e lo mette alle dipendenze del Reparto Logistico per piccoli servizi di pulizia del campo e delle adiacenze delle aviorimesse. Al pony alle volte veniva attaccato un callessino con il quale le figlie del duca, Margherita e Maria Cristina vanno a spasso per il campo. Una notte buia, il cavallino si libera dall’ imbrigliatura e uscito dalla stalla che si trova dietro il secondo hangar del 4°Stormo va a spasso per il campo. La sentinella di guardia udendo un fruscio intima il “chi va la’?” ma non avendo udito risposta, spara in quella direzione centrando il povero cavallino.
1933 – 1934 COMANDANTE IL 4° STORMO CACCIA
Contro il parere dei superiori che considerano la caccia troppo pericolosa, il 1° maggio 1933 il duca diventa comandante del 4° Stormo Caccia. Per recarsi nel suo ufficio situato al primo piano dell’appendice dell’ hangar, passa indifferente tra gli specialisti senza nessuna formalità, il duca è uno di famiglia.
Dà un notevole impulso all’impostazione dei problemi concettuali tecnici, organizza riunioni serali al circolo ufficiali alimentando l’interesse del personale. Porta delle innovazioni nel sistema di addestramento dei piloti. Al combattimento simulato con la fotomitragliatrice, dove l’arma invece di sparare proiettili fà scattare in successione l’obiettivo della macchina fotografica, sostituisce con l’acrobazia aerea a ranghi serrati con gli apparecchi che volano ala contro ala e con gli stessi parametri.
Partecipa ai momenti conviviali delle cene di squadriglia e di gruppo contribuendo a mantenere vivo lo spirito di corpo. Pronto alla battuta spesso equivoca scherzosamente sulla sua statura. A chi gli si rivolge con “Sua Altezza Reale“ risponde “Un metro e novantotto!“
Scrive di suo pugno le annotazioni sui fogli caratteristici degli ufficiali, esige che la biblioteca del circolo sia aggiornata e rifornita contribuendo lui stesso con una ricca dotazione di libri. Orgoglioso di appartenere al 4° Stormo, esterna la sua fierezza ai familiari che non di rado sono ospiti in aeroporto.
Proprio in questo periodo la duchessa Anna che si era recata per turismo in Egitto nella Valle dei Re , si ammala gravemente di tifo. Il duca avvertito, si precipita al capezzale della moglie e appena le condizioni della paziente lo permettono ritornano in Italia. Rientrati a Miramare questa volta è lui ad ammalarsi: una forte febbre lo costringe a casa. Visitato gli viene diagnosticata una pleurite con versamento che cura con vari mesi di degenza nella pensione Maria a Soprabolzano.
Già eccellente pilota sui Romeo della Ricognizione, al Quarto il duca prende l’abilitazione al pilotaggio su Fiat C.R.20, C.R.30 e C.R.32. Si addestra al combattimento simulato e all’impiego delle armi di bordo e con il C.R.32 si addestra al volo acrobatico individuale e collettivo sia come gregario che capoformazione. Il suo velivolo, data l’alta statura, viene modificato abbassando il seggiolino.
Data la statura del Duca, il sedile dell’aeroplano era ribassato cosicchè lo specialista incaricato alla messa in moto del velivolo, per poter guardare fuori doveva mettere dei cuscini sul seggiolino.
M.llo Enzo Vosca, 4°Stormo X Gruppo
Un giorno di settembre il Serg. Biron Giuseppe arriva all’ aeroporto di Gorizia e dopo aver espletato le prime formalità, si reca a piedi verso l’hangar della 96^ Squadriglia alla quale è stato assegnato. Lungo la strada interna che porta agli hangar del 4° Stormo, distratto dalla quantità di aeroplani presenti sul campo sta per urtare il vice comandante dello Stormo, il T.Col. Simone Pietro Mattei. L’ufficale chiede al giovane sergente chi fosse, quando ad un tratto spunta una macchina e si ferma. Scende un uomo dalla statura molto alta che congeda il suo autista per proseguire la strada a piedi “ E’ il duca D’Aosta ” interviene il vicecomandante. Il duca avvicinatosi chiede al comandante chi è il nuovo arrivato e ottenuta la spiegazione, si rivolge sorridente tendendo la mano al giovane sottufficiale “Ti troverai bene qui“
Oggi tendere la mano e rivolgere la parola ad un sottoposto e’ cosa normale ma a quel tempo, un superiore e per lo piu’ di sangue reale che intrattiene un giovane sergente pilota, era cosa eccezionale e come tale di grande valore
Serg. G.Biron
1934 – 1936 COMANDANTE DELLA 3^ B.A.
Il 28 marzo 1934 Amedeo lascia il comando del 4° Stormo e con il grado di Generale di B.A. assume quello della 3^ Brigata Aerea con sede a Gorizia dalla quale dipendono il 1° e 4° Stormo.
Un giorno mentre stà per ritornare a casa con la propria macchina incrocia un aviere a piedi che si stà recando alla stazione ferroviaria di Gorizia. Fatta fermare la macchina, il duca si sporge dal finestrino e gli chiede dove stesse andando “Alla stazione per andare a Trieste in licenza.” “Allora sali“ e arrivati al Castello di Miramare, ordina l’autista di accompagnare a casa l’aviere.
1936 – 1937 COMANDANTE DELLA DIVISIONE AQUILA
Due anni dopo, nel marzo del ’36 con il grado di Generale di D.A. , Amedeo di Savoia assume il Comando della Divisione Aerea Aquila con sede a Gorizia. Dalla Divisione Aquila dipendono la 1^ Brigata Aerea con l’8° e 14° Stormo e la 3^ Brigata Aerea con il 1°, 4° e per un breve periodo il 6° Stormo.
Da: IL Giornale di Gorizia, sabato 7 marzo 1936, pag.3
ll DUCA D’AOSTA INSEDIATO DAL GEN. VALLE AL COMANDO DELLA PRIMA DIVISIONE AEREA
Il Sottosegretario di Stato per l ‘Aeronautica è giunto mercoledì in volo a Gorizia per insediare S. A. R. il Duca d ‘Aosta nella carica di Comandante la Prima Divisione Aerea. Successivamente il Gen. Valle ha passato in rassegnaa terra ed in volo le Squadriglie della III Brigata Caccia ed ha tenuto rapporto ai comandanti dei reparti della seconda zona aerea.
Nel trasferimento dal comando alla linea di volo, il duca è solito stare in piedi sul predallino della macchina mettendo in evidenza la sua figura slanciata che si nota oltre il tetto della vettura. Una volta arrivato, si dirige alla 97^Sq. dove i suoi indumenti di volo sono appesi assieme a quelli degli altri piloti.
Quando il Duca arrivava in linea di volo, nessuna formalità nè cerimoniale. I motoristi continuavano con il loro lavoro e solo qualche curioso, di nascosto, osservava la scena e il Duca divertito mi diceva: vedi, vedi Vosca come ci guardano…
M.llo Enzo Vosca, 4°Stormo X Gruppo
A Gorizia il Duca conosce il S.Ten. Pil.Tait che diventerà suo fedele aiutante di volo e lo seguirà in prigionia. Un mattino il giovane sottotenete si alza in volo con un nuovo apparecchio da bombardamento ancora in prova, l’ S79. Appena in cielo si prodiga in una serie di ardite acrobazie tra looping, virate, cabrate e scivolate d’ala sotto gli occhi increduli di un gruppo di ufficiali che da terra lo stanno guardando. Tra questi il generale comandante la Brigata Aerea e il Duca Amedeo che con le mani in tasca e la pipetta spenta in bocca si gode beato lo spettacolo. Appena a terra l’aereo si ferma a pochi metri dal gruppo di ufficiali: la prodezza gli costerà dieci giorni di arresti di rigore! Chiesto il perché di quella dimostrazione, il sottotenente risponde con la massima naturalezza “Ho voluto provare se con il bombardiere è possibile, in caso di necessità eseguire acrobazie!” Rimasti soli il duca si congratula con il giovane ufficiale e vuole sapere da lui nel dettaglio ogni particolare del volo e poi sottovoce aggiunge “Perchè non me l’avete detto, sarei venuto anch’io!“
Prima di partire per l’Africa, Amedeo gli chiede di seguirlo ma il giovane ufficiale replica imbarazzato “Non sò altezza reale, se la qualifica di aiutante di volo comporta anche lanecessità di saper giocare a bridge. In questo caso sarei costretto a rinunciare “ Amedeo scoppia a ridere “Nessun problema. E’ una manchevolezza superabile, tantopiù che anch’io non sò giocare” ma Tait insiste “E il fatto di avere o non avere moglie?” e il duca ribatte “che cosa significa? “ risponde l’ufficiale “Che avrei mezza intenzione di sposarmi “ “Dove?” chiede il duca,“A Belluno…” “Bene, domani andremo a Cortina e conosceremo la futura sposa” ribatte il duca.
Nel novembre del ’36, il duca inaugura al Liceo Classico di Gorizia il busto di S.A.R. Vittorio Emanuele III.
IL DUCA D’AOSTA RICEVE I REDUCI DELLA GUERRA DI SPAGNA
Il 6 novembre 1937 il Duca d’Aosta riceve a Gorizia i reduci della Guerra di Spagna
11 DICEMBRE 1937 – CITTADINANZA ONORARIA CITTA’ DI GORIZIA
Nel dicembre 1937 Amedeo di Savoia prima di lasciare la città, viene nominato viceré d’Etiopia e gli viene conferita la cittadinanza onoraria. Il 6 dicembre 1937 ha luogo sul campo di Gorizia la cerimonia di commiato del Duca. Premia i più stretti collaboratori e i piloti delle pattuglie acrobatiche del 1° e 4° Stormo con l’encomio da iscriversi sulle carte personali.
Con una circolare inviata ai comandi della 3^ e 6^ Brigata Aerea e ai comandi del 1°- 4°- 11°- 16°-18° Stormo, saluta i sottoposti reparti dipendenti.
Il 4°Stormo gli dona una pregevole statuetta raffigurante la vittoria alata.
FESTA DELLA MADONNA DI LORETO
10 dicembre 1937
La festa per la Madonna di Loreto protettrice degli aviatori, assume una particolare solennità per la partecipazione del duca d’Aosta appena nominato viceré d’Etiopia. All’ interno del grande hangar tra gli aeroplani viene sistemato un altarino per la Messa da campo ufficiata da S.E. Mons. Margotti. Alla fine della celebrazione, dopo essersi brevemente intrattenuto con l’arcivescovo, il duca assiste alla distribuzione di trecento pacchi viveri alla popolazione bisognosa di Merna la quale, ricambia con affetto ed entusiasmo inneggiando all’augusto principe e alla Casa Savoia. Successivamente nel refettorio degli avieri, assiste alla premiazione di alcuni di questi che si sono particolarmente distinti per disciplina e attività.
CITTADINO ONORARIO DI GORIZIA
La Consulta comunale nella seduta straordinaria del 10 dicembre decide di conferire a S.A.R. il duca d’Aosta la cittadinanza onoraria della città e per l’occasione, il Podestà avv. Pascoli si rivolge alla cittadinanza con un manifesto:
S.A.R. Amedeo di Savoia – Duca D’Aosta – Giovanissimo artigliere nella guerra di redenzione- audace condottiero nelle campagne africane – intrepido pilota comandante la Divisione Aerea Aquila – Principe magnanimo – in queste terre esempioanimatore – di virtù sabaude e fasciste – Gorizia la Santa – dal padre Emanuele Filiberto – riconsacrata alla Patria – solennementeproclama – suo cittadino d’onore – nel giornoin cui insignito – della dignità – di Vicerè d’Etiopia – lascia la città ed il comando – peroffrire il Suo valore ai crescenti destini – dell’Italia imperiale.
Dato a Gorizia l’11 dicembre 1937-XVI E.F. – il Podestà
“La Consulta comunale, interprete del vivo sentimento dei cittadini tutti, ha deliberato di conferire a S.A.R. Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta, vicerè d’Etiopia, combattente della guerra di redenzione, condottiero delle campagne africane, intrepido aviatore Generale di squadra aerea, la cittadinanza onoraria. Il diploma relativo sarà consegnato a Sua Altezza Reale sabato 11 corrente alle 11.30 al Palazzo del Governo. I cittadini intervengano tutti in piazzadella Vittoria a tributare all’augusto principe il loro entusiastico saluto. Dalle case sventoli il tricolore“
Sabato 11 dicembre lungo il percorso dove passerà il Duca, Corso Vittorio Emanuele III (ora C.so Italia), Corso Verdi, via Crispi, e la nuovissima via Roma sono gremite da due ali di folla. Anche in piazza della Vittoria dove si trova il palazzo del governo sede della cerimonia, c’è grande partecipazione di folla. La cronaca dell’epoca riporta non meno di diecimila persone. Dai balconi delle case e dai pennoni della piazza sventola il tricolore. Qui sono convenute tutte le Associazioni combattenti, del Nastro Azzurro, delle Famiglie dei Caduti in guerra, dell’associazione mutilati, dei Volontari di guerra, degli Arditi, le organizzazioni del P.F.N. e rappresentanze degli studenti universitari facenti capo al G.U.F.
Alle 11.40 in punto giunge in automobile all’imbocco di via Roma S.A.R. il Duca d’Aosta in divisa coloniale. Il plotone d’onore presenta le armi mentre la banda del Presidio e della Legione “Isonzo” intonano la Marcia Reale e Giovinezza. A ricevere il Duca sono S.E. il Prefetto Orazi, il Gen. Guzzoni comandante del Corpo d’Armata di Udine, il Gen. Roluti comandante della Divisione Isonzo assieme ai generali Cocconi e Dedini. Il segretario federale Luraschi, il podestà Avv. Pascoli, il comandante dell’aeroporto Col. Grandinetti, il Col. Moore, il console Nitti e il Col. Marcello comandante del Gruppo RR.CC.
Mentre il Duca passa in rassegna il plotone d’onore, dal castello i cannoni sparano a salve. Arrivato in piazza della Vittoria accompagnato dalle autorità raggiunge il Palazzo del Governo. A salutarlo sono convenuti S.E. Mons. Margotti, l’On. Caccese, il Comm. Carnevali viceprefetto, l’Avv. Venuti presidente dell’Amministrazione Provinciale, i comandanti dei corpi del Presidio di Gorizia, la Consulta comunale e il vicepodestà Galante.
Nel salone d’onore alla presenza di tutti i podestà della provincia, gli esponenti delle organizzazioni del P.F.N., il provveditore agli studi Prof. dott. Borzellino, il presidente del tribunale di Gorizia Comm. Casano, il procuratore del Re Comm. Tripani, il presidente dell’UNUCI Col. Bertetti, l’Intendente di Finanza Comm. Stajano, il podestà Avv. Pascoli consegna la cittadinanza onoraria al Duca d’Aosta.
Dopo aver ringraziato la Consulta comunale il Duca tramite il podestà, ringrazia la cittadinanza per la sentita partecipazione. Dalla piazza sale l’acclamazione allora Amedeo, circondato dalle maggiori autorità si affaccia al balcone del palazzo del governo . Alla vista del Duca la folla esprime ancora più rumorosamente il proprio entusiasmo interrotto dall’omaggio del prefetto. Terminato il discorso Amedeo di Savoia e le autorità si ritirano nel palazzo ma la folla inneggia ancora più forte tanto che il Duca è costretto ad affacciarsi più volte.
Lasciato il palazzo del governo, tra due ali di folla ineggianti che lo accompagnano lungo tutto il tragitto il Duca si reca al parco della Rimembranza per rendere l’ultimo omaggio all’Ara dei Caduti della prima guerra mondiale. E’ l’ultimo saluto alla città.
L’ultimo giorno, dopo la colazione al circolo ufficiali, il duca parte in macchina per il castello di Miramare accompagnato dalle più alte autorità aeronautiche.
Ricorda Baylon che egli ed altri piloti corsero ad aprire le aviorimesse, tirarono fuori tre CR.32 e così come erano in divisa decollarono e si portarono sul corteo delle macchine che raggiunsero poco prima di Miramare. Le nubi bassissime non impedirono di eseguire una serie di loopings quasi radenti mentre il Duca si sbracciava dalla terrazza a salutarli. La sera in cui Amedeo di Savoia lasciò Miramare, tutto lo stormo era ad attenderlo alla prima stazione di sosta dopo Trieste e la commozione del Duca per l’inaspettato saluto fu evidente.
MESSAGGIO DEL GEN. VALLE SOTTOSEGRETARIO PER L’AERONAUTICA
Vostra Altezza Reale ha saputo nel più alto grado infondere nei dipendenti reparti quello spirito aviatorio basato sull’addestramento professionale, sull’abnegazione, sull’eroismo che ha reso la nostra aviazione la prima nel mondo nei più ardui cimenti della pace e della guerra. Vostra Altezza Reale ha fornito, nella soluzione dei più ardui problemi aeronautici il contributo della propria competenza e della propria passione. Permetta Vostra Altezza Reale che, per mio mezzo, la R . Aeronautica manifesti il più devoto, profondo ringraziamento.
MESSAGGIO DELLO STATO MAGGIORE DELLA REGIA AERONAUTICA
Comandante di Brigata da Caccia, sapeva infondere nei reparti dipendenti, mediante opera assidua, appassionata e intelligente, il più alto spirito combattivo ed illimitato entusiasmo. In occasione della trasformazione del materiale di volo della Brigata, con un saggio metodo di addestramento e mercè il costante personale esempio otteneva che i Reparti, animati da un particolare fervore e da un prezioso spirito di emulazione, venissero rapidamente a trovarsi in condizione di affrontare ogni più ardua prova.
Il 12 dicembre 1937 Amedeo di Savoia lascia il Comando della Divisione Aquila per assumere l’incarico di Vicerè d’Etiopia. Nel nuovo ruolo il Duca si pone come primo obiettivo la pacificazione del territorio attraverso una politica di sviluppo agricolo e di grandi infrastrutture pubbliche quali ospedali, scuole, strade, acquedotti.
Il Duca all’ amico Volpini
… dovrò governare non regnare. Dovrò donare a quei popoli la sensazione che stanno entrando a far parte di una civiltà che non li vuole sfruttare ma aiutare ad elevarsi, a migliorare in tutti i campi.
Il Duca che si era fatto subito ben volere dalla popolazione, verrà ricordato dai goriziani come figura nobile di sentimenti. Ancora oggi le nuove generazioni, pur non avendolo conosciuto, nutrono un sentimento di stima per le alte doti morali, imposte prima a se stesso, che lo hanno contraddistinto.
L’AMBA ALAGI, LA RESA , LA PRIGIONIA
All’entrata in guerra, il Duca d’ Aosta aveva tentato invano di dissuadere Mussolini. Le forze italiane presenti in Africa Orientale sono numericamente inferiori a quelle britanniche e nei primi mesi del conflitto ottengono qualche successo con la conquista di Cassala e la Somaliland nel sud del Sudan. Con la controffensiva inglese del ’41, le truppe italiane dopo esasperati combattimenti a Cheren, il 3 aprile sono costrette a ritirarsi sull’ Amba Alagi per continuare con quattromila uomini l’ultima disperata resistenza. Assediato da un nemico sempre più incalzante e numericamente più forte, il 17 maggio cade anche l’ultimo baluardo italiano e il Duca è costretto a capitolare la resa con gli inglesi. Al Duca e ai suoi soldati viene riservato l’onore delle armi.
Gli inglesi non rispetteranno del tutto le clausole delle “condizioni di resa” da essi proposte e liberamente sottofirmate. Subito dopo la cerimonia dell’onore delle armi, i soldati italiani sono lasciati in balia della rabbia delle truppe di colore che spogliano i prigionieri di ogni indumento. Agli ufficiali viene tolta la pistola e lo Stato Maggiore non viene concesso di seguire il Duca come stabilito.
Allo stesso Amedeo non viene riservato nessun trattamento di riguardo.
Una volta a chi si lamentava del mancato rispetto dei patti, il Duca risponde “Ecco perchè non hovoluto assistere di persona alle trattative di resa. Gli inglesi sono fatti così. Sono quelli che se fuori diluvia, dicono <Mi pare che fuori piova> . Io che li conosco non mi meraviglio”
Immobile sull’attenti, assiste alla cerimonia dell’ammaina bandiera italiana e condotto nella casa del commissariato di governo ad Addì Ugri, a circa trecento chilometri. Il 5 giugno dal campo avio di Gùra il Viceré accompagnato dal suo seguito, cinque persone in tutto, viene trasportato con un vecchio Bristol-Bombay, bimotore da bombardamento con quattro uomini di equipaggio a Cartùm, tre ore e mezzo di volo. Per la prima volta dopo quindici anni di volo, il Duca viaggia da passeggero in un aereo. Durante il trasferimento un ufficiale italiano del seguito considerando la maggioranza numerica sugli inglesi, medita di catturare l’ equipaggio e di impossessarsi dell’aereo per poi puntare su Gòndar . Venuto a conoscenza del complotto, il Duca replica secco “Ho dato la mia parola ed anche da solo vado incontro al mio destino”
Il 6 giugno il trasferimento prosegue con uno Junker Ju.52 della S.A.A.F. per Jùba, sul Nilo Bianco, al confine tra Uganda e Congo Belga, mille chilometri di percorso. A bordo prende posto anche il camakàn Fabin, capo dell’Intelligence Service del Sudàn. Dopo quasi un ora di volo, considerando l’abilità di pilota del Duca e soprattutto il limitato carico di benzina che non avrebbe consentito di raggiungere un paese neutrale, il comandante dell’aereo decide di affidargli il comando insieme al suo aiutante di volo. Amedeo ringraziando, accetta di buon grado l’inaspettato regalo. Sosta a Malakàl per rifornimento quindi partenza per Jùba con il Duca sempre ai comandi. Sorvolando il Nilo dove questo forma la Grande Palude, Amedeo si lascia travolgere dalla gioia per essere di nuovo aviatore. In un crescendo acrobatico porta l’aereo a volo radente sui branchi di elefanti che come impazziti scappano in ogni direzione.
Il giorno dopo 7 giugno partenza alle nove per Nairòbi con il Duca sempre al volantino dello Junker: l’ultima volta che avrebbe pilotato. Anche su questa tratta Amedeo ha modo di farsi apprezzare per le capacità aviatorie sbizzarrendosi in virtuose picchiate, cabrate e virate. A quindici minuti da Nairòbi, l’equipaggio inglese riprende il comando dell’aereo ed Amedeo ritorna ad essere passeggero. Ad attenderlo all’aeroporto due ufficiali superiori inglesi: uno di essi il Col. Rodd che è stato compagno di giochi di Amedeo in quanto il padre lord Rodd, fu ambasciatore britannico a Roma. Lo stesso lord Rodd saputo del prigioniero, raccomanda vivamente il figlio di alleviare quanto più possibile la prigionia del Duca. Amedeo riconosciuto il vecchio compagno di giochi, gli và incontro con la solita espansività dandogli del tu: Rodd come se non lo conoscesse lo saluta infastidito. Il Duca capisce ed è fatto entrare assieme al seguito nello stanzino dell’ufficio voli per le formalità. Viene registrato e affidato il numero di matricola n.11590: fuori dall’aeroporto tre macchine attendono il prigioniero ed il seguito per trasferirli in uno shalet in località Dònyo Sàbouk a 70 chilometri dalla capitale e a tre chilometri dal Campo 357 P.O.W. dove sono rinchiusi i prigionieri italiani. La località situata a mille metri di altezza è una zona insalubre e infestata di malaria.
Le condizioni della prigionia sono rigide: il comando inglese non gli consente di ricevere nessuno, ne di visitare i prigionieri italiani, ne di spingersi oltre quattrocento metri dall’ingresso dello shalet. Raramente gli viene accordato il permesso di recarsi a Nairòbi per qualche acquisto personale. Intercede presso le autorità inglesi affinchè migliorino le condizioni dei militari italiani internati e per il rimpatrio dei civili fatti prigionieri nella conquista dell’Etiopia.
Durante la prigionia fa molta attività fisica, coltiva un piccolo lembo di terra, impartisce ai più giovani ufficiali al suo seguito lezioni d’inglese. Ogni domenica dal vicino campo di prigionia 357 un cappellano si reca a Dònyo Sàbouk per celebrare la Messa.
Verso la fine di novembre incomincia ad accusare un generico senso di malesse e di stanchezza. Un improvviso attacco febbrile a fine anno lo costringe a letto: il medico personale Dott. Borra sospetta trattarsi di tifo. Dopo tre settimane, ancora debole si reca a visitare i prigionieri italiani del Campo 357. Il 26 gennaio 1942 viene nuovamente colpito dalla febbre: questa volta si tratta di malaria. Per interessamento del dott. Borra il 28 dello stesso mese viene visitato da un colonnello medico inglese che ne dispone il ricovero in un ospedale a Nairobi.
Venuto a conoscenza, accorre al capezzale dell’amico il Magg. Wittit che lo aveva conosciuto in Congo alla fabbrica di sapone e lo fà ricoverare in una casa di cura della città.
Le condizioni del Duca peggiorano, viene diagniosticata la tubrcolosi miliare, una forma tubercolare incurabile. Da Città del Capo accorre un medico specialista in malattie polmonari ma per Amedeo non c’è niente da fare. Si mette in moto la diplomazia e gli viene offerta la possibilità di farsi raggiungere da un familiare ma egli protesta “Nessun prigioniero di guerra malato può avere il conforto della visita dei familiari. Io sono come gli altri: non voglio assolutamente!” La sera del 2 marzo il cappellano padre Boratto gli sommistra l’estrema unzione. Amedeo d’ Aosta con voce debole sussurra “Come è bello morire in pace con DIO, con gli uomini, con se stesso.Questo è quello che veramente conta” Alle 3,45 del 3 marzo 1942 si conclude la sua vita terrena.
La salma viene seppellita nel cimitero dei prigionieri italiani a Nyeri e successivamente tumulata nella vicina chiesa dei padri della Consolata trasformata in Sacrario Militare.
Il dolore per la morte del Duca Amedeo nelle parole di chi ebbe il privilegio di apprezzare il suo valore morale.
Era una bella figura di cristiano, di Principe e di soldato. È morto bene nella sua fede cattolica
(Papa Pio XII).
La simpatia che ispirava, il suo buon senso, la sua capacità di convincere, la sua energia erano qualità esimie, che facevano di lui un vero condottiero di uomini
(Colonnello Stevens, su Radio Londra)
Uomo cavalleresco e colto, educato in parte in Inghilterra, sposato con una principessa francese, non godeva dei favori del Duce
(Wiston Churchill).
La sua non fu una vita eccezionale, ma certo una ricca, completa vita vissuta in pienezza. (…). Onorò la sua terra e la servì dedicandogli il meglio di sé
(Alfio Berretta, giornalista).
Carattere generoso e audace, sempre pronto per missioni difficili
(Bartolucci R.).
Fu soprattutto un uomo semplice che semplicemente cercò di vivere fuori di ogni vieta retorica nelle parole e nell’azione
(Reisoli G.)
Un ‘gentleman’ in cui l’Etiopia deve gratitudine
(Haille Selassié).
Il più terribile nemico dell’Etiopia perché era riuscito a conquistare gli abissini facendo loro dimenticare l’amore per l’indipendenza
(Ras Abebe Aragai).
Alla moglie Anna non fu data la possibilità neppure di raccogliere le ultime parole del marito sussurrate a padre Boratto. Con lei, sposata a 21 anni e gia’ vedova a 35, il Duca d’Aosta aveva condiviso passioni ed ideali come l’amore per l’Africa. Quando Amedeo fu Viceré in Etiopia, per aiutarlo nel difficile compito Anna studio’ gli usi locali ed imparo’ la lingua tigre’. Fu il marito a convincerla a partire alla vigiglia del conflitto prendendo l’ultima nave per l’Italia.
Dopo la sconfitta, Anna dimostro’ virtù altrettanto eroiche di quelle del marito consegnandosi volontariamente prigioniera ai tedeschi per non lasciare sola Irene di Grecia. Internata con le figlie in Austria, quando i francesi interverranno per salvarla, pone come condizione che anche tutti gli altri prigionieri italiani fossero salvi.
Anna d’Orléans morirà il 19 marzo 1986.
IL MONUMENTO AL DUCA D’AOSTA A GORIZIA
A Gorizia Amedeo di Savoia Duca d’Aosta viene ricordato con un monumento in aeroporto la cui statua si erige sul posto dove si trovava l’ufficio del Duca e guarda verso l’Amba Alagi.
L’opera dello scultore veronese Vittorio di Colbertoldo su progetto di Paolo Caccia Dominioni, è stata realizzata con una raccolta fondi promossa dall’Associazione Nazionale Arma Aeronautica e dal generoso contributo dei veterani e dei familiari dei Caduti.
Il monumento, assieme al Lapidario dei Caduti del 1° e 4°Stormo, viene inaugurato domenica 4 novembre 1962 dal Presidente della Repubblica On. Antonio Segni.
Al circolo ufficiali di Grosseto un’effige ricorda il Duca.
RIEPILOGO
1898 | 21 ottobre nasce a Torino con il titolo di Duca delle Puglie; |
1913 | a 15 anni viene inviato alla Scuola Militare della Nunziatella a Napoli ; |
1915 | allo scoppio della guerra fa domanda al Re per ottenere l’arruolamento volontario alle armi; |
1915 | 2 giugno viene assegnato come soldato semplice al Reggimento Artiglieria a Cavallo; |
1915 | 6 giugno e’ sul fronte sul Carso; |
1915 | 31 agosto Caporale del Regio Esercito; |
1915 | 1 ottobre aspirante ufficiale nel 34° Reggimento da campagna; |
1915 | 16 dicembre Sottotenente di complemento; |
1915 | dal1 novembre in servizio attivo permanente come Sottotenente per meriti di guerra; |
1916 | 26 luglio Tenente; |
1917 | 27 luglio con anzianità 30 maggio 1917 viene promosso Capitano per merito di guerra; |
1926 | 24 luglio sotto la guida di Arturo Ferrarin prende il brevetto di pilota su S.V.A. |
1931 | primavera Comandante del 23°Reggimento Artiglieria da Campagna a Trieste; |
1931 | 4 luglio alla morte del padre eredita il titolo di Duca D’Aosta; |
1932 | 2 maggio il Re autorizza il passaggio nella Regia Aeronautica; |
1932 | 11 giugno Comandante del 21°Stormo Ricognizione Terrestre a Gorizia; |
1933 | 1 maggio Comandante del 4°Stormo C.T. a Gorizia; |
1934 | 28 marzo lascia il Comando del 4°Stormo C.T. a Gorizia; |
1934 | primavera con il grado di Gen. B.A. e’ Comandante della 3^ Brigata Aerea (1° e 4° Stormo) con sede a Gorizia; |
1936 | marzo con il grado di Gen.D.A. e’ Comandante della Divisione Aquila (1^ B.A.- 8° e 14° Stormo; 3^ B.A. -1°e 4° Stormo e per un breve periodo anche il 6° Stormo) con sede a Gorizia; |
1936 | medaglia d’argento al V.M. |
1937 | 16 novembre Generale di S.A. |
1937 | 3 dicembre riceve la cittadinanza onoraria della città di Trieste; |
1937 | 11 dicembre riceve la cittadinanza onoraria della città di Gorizia; |
1937 | dicembre con la nomina a Vicere d’ Etiopia parte per l’Africa; |
1940 | 23 gennaio Generale A.A. |
1942 | 3 marzo muore a 43 anni in prigionia in Kenya a Nairobi; |
1962 | 4 novembre a Gorizia viene inauguirato il monumento ad Amedeo di Savoia Duca d’Aosta; |