Vampiri nelle nebbie del Reno
Verso la metà del mese di luglio 1951, ero allora capo Ufficio Operazioni del 4° Stormo a Capodichino, il ten.col. Spadaccini dello Stato Maggiore A.M., Reparto Operazioni e Addestramento, mi telefona e mi dice che l’Aeronautica ha comprato un certo numero di velivoli a reazione DH.100 “Vampire” dalla ditta inglese produttrice; altri “Vampire” verranno costruiti in Italia su licenza. Con i primi velivoli che arriveranno dall’Inghilterra l’Aeronautica ha deciso di formare un gruppo di caccia intercettori, il 6° Grupppo, che sarà formato da piloti e specialisti tratti dal 4° Stormo. «E’ il primo gruppo operativo dell’Aeronautica armato con velivoli a reazione. Vuoi assumerne il comando?». «Certamente, ai vostri ordini». I primi “Vampire” ritirati dai piloti italiani stavano gradualmente affluendo alla Scuola di volo di Amendola dove per l’occasione era stato costituito il NAVAR (Nucleo Addestramento Velivoli a Reazione) che li assumeva in carico, provvedeva alla loro manutenzione, curava le abilitazioni sul “Vampire” e l’istruzione degli specialisti. Nel mese di agosto i piloti del 4° Stormo destinati al 6° Gruppo affluirono ad Amendola ed iniziarono l’addestramento. Il 6° Gruppo era quindi a tutti gli effetti un gruppo del 4° Stormo e questo reparto si trovò ad essere costituito dai suoi tradizionali 9° e 10° Gruppo armati su F-51 e dal 6° Gruppo su “Vampire”. Come comandante del nuovo gruppo ebbi così alle mie dipendenze le Squadriglie 79a e 81a comandate rispettivamente dal cap. Cims e dal cap. Bignamini.
Nello stesso anno, 1951, la NATO aveva programmato una complessa esercitazione che interessava l’area a cavallo del fiume Reno nel tratto del suo corso tra la Germania e la Francia. L’esercitazione si articolava in tre fasi e l’ultima di queste era stata chiamata Cirrus. Essa era a sua volta articolata in diversi episodi, uno dei quali era stato denominato Jupiter e prevedeva la difesa della linea del Reno, attaccata dalle forze del Partito Rosso che volevano sfondare e dilagare oltre il fiume verso Occidente. La NATO aveva invitato l’Italia a partecipare all’episodio Jupiter con un gruppo di caccia intercettori composto da 16 velivoli. Era questa la prima volta che un reparto operativo dell’A.M. si sarebbe rischierato all’estero con i reparti di altri paesi della NATO (francesi, tedeschi, inglesi, americani, belgi, olandesi) in un reciproco confronto di efficienza e di capacità operativa. Il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica non poteva declinare l’invito, sarebbe stata una implicita confessione di non avere nella Forza Armata un gruppo di intercettori idoneo e capace di inserirsi nel confronto con le Forze Aeree degli Alleati. Aveva a disposizione diversi gruppi armati su F-51 “Mustang”, velivolo ben conosciuto dai piloti e dagli specialisti che lo impiegavano. Pensò invece di mandare il 6° Gruppo con i “Vampire” che erano le macchine più moderne in dotazione alla Forza Armata.
Chiamò così il 20 agosto a telefono il comandante del 4° Stormo, ten.col. Moci, lo convocò e gli ordinò di organizzare la partecipazione del 6° Gruppo. Una decisione certamente audace, perché in quel momento (mancavano 30 giorni all’esercitazione) erano ancora in corso le abilitazioni dei piloti sul nuovo velivolo. Le operazioni alle quali avrebbe dovuto partecipare il 6° Gruppo erano programmate per i giorni 28, 29 e 30 settembre. Meno di un mese per organizzare e attuare il tutto. Una vicenda piuttosto complessa perché il gruppo avrebbe dovuto rischierarsi sulla base di Wiesbaden con una completa autonomia logistica, portando tende, cucine, servizi vari per far vivere ed operare 80 uomini ed i loro 16 velivoli.
La nuova macchina, ancora poco conosciuta da piloti e specialisti, era portata ad operare in un ambiente diverso da quello della madrepatria sia sotto il profilo orografico che meteorologico. I rischi di insuccesso potevano essere rilevanti. L’unico fattore che attenuava questi rischi era la grande serietà degli uomini che erano stati chiamati a far parte del 6° Gruppo, la loro solida esperienza, anche di guerra per alcuni, la capacità di saper controllare situazioni imprevedibili. L’organizzazione della spedizione fu articolata in:
– supporto logistico, che doveva comprendere tutto il personale e materiale necessario per far vivere il gruppo nella sede di rischieramento;
– parte operativa, composta dai 16 velivoli con 16 piloti, il personale specialista per la manutenzione con le attrezzature e il materiale di ricambio indispensabile ad assicurare l’efficienza e l’operatività del gruppo.
Facendo un conto alla rovescia, partendo dall’impegno operativo previsto ad iniziare dal giorno 28 settembre, era opportuno che il gruppo fosse a Wiesbaden qualche giorno prima dell’avvio delle operazioni, per alcuni voli di ambientamento sull’area della manovra; era quindi necessario che la spedizione logistica arrivasse sulla base di rischieramento almeno otto giorni prima delle operazioni per montare l’attendamento e approntare tutti i servizi. Fu stabilito che la parte logistica dovesse essere trasportata a Wiesbaden per ferrovia, partendo da Roma il 15 settembre, e il gruppo seguisse con i 16 “Vampire”, il personale tecnico ed il materiale di assistenza ai velivoli caricato su tre SM.82 pronti a muovere dal giorno 21 settembre. Si doveva prevedere di dover perdere uno o due giorni nel volo di trasferimento per avere situazioni meteo favorevoli sulla valle del Reno, in quella stagione frequentemente tormentata da nebbia e nubi basse. Fu certamente un lavoro intenso: mentre il comandante dello stormo alternava la sua presenza tra Amendola, Capodichino e Roma, per seguire la preparazione dei piloti ad Amendola e quella della spedizione logistica a Capodichino e a Roma, io curavo ad Amendola la preparazione dei piloti all’impiego della nuova macchina con un programma di voli, per quanto possibile intenso, che prevedeva voli individuali e in formazione a bassa ed alta quota, navigazioni, ricerca obiettivo, procedure in lingua inglese, voli in IFR e notturni. Intendevo far conseguire un minimo di familiarità nell’impiego del nuovo motore a reazione i cui consumi sono molto alti a bassa quota e diminuiscono molto salendo in quota. Avevamo i regoli per il calcolo dei consumi in funzione della quota e del regime di motore, ma dovevamo prendere un’accettabile familiarità con il loro uso e constatarne l’attendibilità.
La preparazione procedette con rapidità, agevolata dall’assistenza che il comando della 3a ZAT dette all’approntamento e alla partenza della parte logistica e il comando di Amendola dette sul piano operativo, mettendo a nostra disposizione il NAVAR per l’attività di volo. Praticamente esso sospese per un mese ogni attività di transizione di altri piloti e dedicò tutta la propria assistenza tecnica ai “Vampire” del 6° Gruppo. Il supporto logistico comportò il carico di quattro vagoni ferroviari e partì da Roma il 15 settembre per arrivare a Wiesbaden la sera del 17. Per quella sera il nostro personale fu ospitato dal comando della base, ma dal giorno successivo era già autonomo. L’area per l’attendamento del gruppo era stata fissata a poca distanza dalla bretella di rullaggio della pista ove erano state riservate le piazzole di parcheggio dei nostri velivoli. Il terreno era un po’ accidentato ma l’organizzazione era molto raccolta. Il comando della base, secondo gli accordi presi con la 12a Air Force (nella quale il 6° Gruppo era inserito), avrebbe fornito le razioni viveri previste per i reparti USA, nel numero fissato per le presenze italiane (80 circa) che il nostro servizio mensa avrebbe confezionato, acqua per i servizi e le necessità personali, energia elettrica per l’illuminazione dell’accampamento ed i servizi. Avrebbe anche fornito il cherosene per i rifornimenti, mettendo a disposizione due autobotti ed alcuni mezzi di trasporto per i movimenti di uomini e materiali, due jeep, tre autocarri, un trattore, ed i quarzi per le frequenze operative dell’esercitazione. Noi avremmo potuto fornire tre ufficiali interpreti di lingua inglese, uno da mettere alla torre di controllo di Wiesbaden, per dare assistenza ai piloti italiani quando erano in volo, uno al centro di controllo di Burkenfeld per lo stesso motivo, ed uno all’Ufficio Operazioni del Partito Rosso, l’attaccante, nel quale il 6° Gruppo era inserito. Ci fu anche raccomandato di avere sempre presente al comando del gruppo un interprete di lingua inglese per rispondere a qualunque chiamata del comando base. I nostri ufficiali interpreti in servizio alla torre di controllo di Wiesbaden e al centro di controllo di Burkenfeld furono certamente molto utili.
Come detto, la sera del 17 arrivò a Wiesbaden la spedizione logistica che doveva approntare per la sera del 21 l’accampamento e tutti i servizi connessi, pronta ad accogliere il 22 l’arrivo della parte operativa: i 16 “Vampire” ed i tre SM.82 con il personale tecnico, le attrezzature e il materiale. Il trasferimento in volo del 6° Gruppo e dei tre aerei da trasporto fu programmato in due tappe: 21 settembre trasferimento Amendola-Malpensa e il giorno successivo Malpensa-Wiesbaden. C’era quindi un minimo di elasticità per poter assorbire possibili avversità atmosferiche. Come previsto, il 6° Gruppo al mattino del 21 decolla da Amendola con i 16 “Vampire” e i tre SM.82 alle 10.40 e alle 12.00 atterra a Malpensa. Nelle prime ore del pomeriggio i velivoli sono approntati per la partenza. La sera le previsioni meteo sulla valle del Reno per il giorno dopo sono buone, solo un po’ di foschia. 11 mattino del 22 le previsioni sono confermate. Lasciamo passare un paio d’ore per far sollevare la foschia e la nebbia del mattino nella valle del Reno e alle 12.45 il 6° Gruppo decolla da Malpensa atterrando a Wiesbaden alle 14.00. Sorvolo delle Alpi in una formazione comoda ma bene ordinata su un paesaggio incantevole ed arrivo a Wiesbaden in formazione serrata. Un bel volo, molto divertente, in un cielo quasi sempre pulito, molto limpido. Il tempo a Wiesbaden non ci è stato clemente! Il 23 mattina nubi basse e foschia densa ci hanno bloccato a terra. Il 24 abbiamo potuto fare alcuni voli sull’area dell’esercitazione; il 25 e 26 settembre fermi sotto la pioggia. Il 27 mezza giornata di tempo buono ed alcuni voli di ricognizione. Il 28, primo giorno di attività operativa, nebbia, pioggia e nubi basse hanno bloccato ogni attività di volo su tutta l’area della manovra. Il 29 e il 30 il tempo migliora un po’ e il 6° Gruppo compie le quattro missioni che erano state ordinate. Avremmo dovuto assicurare 12 velivoli sempre efficienti e l’esecuzione di 24 sortite giornaliere, praticamente due missioni al giorno di 12 velivoli ognuna.
Il 6° era un gruppo intercettori e come tale era stato invitato, ma di fatto fu impiegato come un reparto di cacciabombardieri, per attacchi al suolo in missioni sempre a bassa quota, su obiettivi tattici: ponti, aeroporti, concentramenti di mezzi in una situazione meteo e ambientale veramente difficile. Anche gli altri alleati incontrarono qualche difficoltà. I francesi e gli inglesi ebbero alcuni velivoli finiti fuori campo per esaurimento di carburante: si erano perduti in mezzo alla nebbia e alla densa foschia. Le nostre quattro missioni, due il 29 e due il 30 ebbero successo. Riuscimmo a raggiungere ed attaccare tutti gli obiettivi che ci erano stati assegnati tranne uno il giorno 30 perché coperto dalla nebbia (l’ordine di operazione ci aveva assegnato per quella missione tre obiettivi). Il giorno 29 al mattino attaccammo i ponti sul Reno di Ludnighote e di Worms e nel pomeriggio portammo i nostri attacchi sugli aeroporti di Metz e di Hagenau. Il giorno 30 attaccammo la mattina il comando tattico di Kaiserlautern e ancora l’aeroporto di Hagenau. Nel pomeriggio, portavo io la formazione di 12 “Vampire”, attaccammo concentramenti di mezzi nemici ai margini del bosco di Ftirtfeld e facemmo la scorta diretta a una formazione di F-47 che attaccò gli stessi obiettivi. La scorta doveva essere indiretta ma la copertura totale di nubi basse ci costrinse a modificare l’ordine ricevuto; comunque scortammo gli F-47 da vicino fin dopo il loro attacco e quindi li lasciammo rientrando alla nostra base. Avemmo anche modo di sventare due tentativi di intercettarci da parte di caccia nemici. Quando parlo di nubi basse mi riferisco ad un ceiling di 50-100 metri, volando su un terreno con un andamento orografico ondulatorio molto uniforme, con scarse evidenze che potessero servire come riferimenti topografici. L’attenta pianificazione del volo doveva essere accompagnata nell’esecuzione con un’assidua osservazione all’esterno per individuare possibili ostacoli insidiosi, come ciminiere, linee di alta tensione, antenne che potevano essere presenti e che le carte non evidenziavano.
Fu per tutti i piloti un’esperienza dura, ma fu superata, anche con un po’ di fortuna, senza inconvenienti. La nostra partecipazione alla Cirrus ebbe indubbiamente un notevole successo. Ricevemmo nel nostro attendamento la visita del gen. Eisenhower, comandante della NATO, del gen. Norstadt, comandante le forze aeree della NATO e del nostro Capo di Stato Maggiore gen. Urbani. Tutti prodighi di apprezzamenti per la nostra attività operativa e per il nostro supporto logistico. Sono certo che eravamo stati osservati con attento spirito critico per vedere cosa avrebbe saputo fare questo 6° Gruppo dell’Aeronautica appena costituito e portato ad operare fra le nebbie e le nubi basse della valle del Reno. Il 3 ottobre, giornata finalmente di tempo buono, il 6° Gruppo rientrò in Italia con un volo diretto sino a Roma a 30.000 piedi di quota. A Ciampino il ministro della Difesa on. Pacciardi venne a portarci il suo saluto ed i suoi complimenti. Il 4 ottobre il reparto rientrò a Capodichino accolto dal gen. Cavallarin, comandante della 3a ZAT, e da tutto il personale del 4° Stormo. Due giorni dopo, il 6 ottobre, arrivavano a Napoli i quattro vagoni della spedizione logistica. La partecipazione dell’Aeronautica Militare alla Cirrus si chiudeva così con soddisfazione di tutti gli uomini che in essa erano stati coinvolti.