Quel giorno ero di turno d’allarme, insieme con il maresciallo Aldo Scarpa. Essendo un “pronti in cinque”, che richiedeva di essere in volo cinque minuti dopo il segnale di allarme, eravamo seduti dentro i nostri F 86 E/15 pronti alla messa in moto immediata.
Mancavano pochi minuti a mezzogiorno, ed eravamo vicini alla fine del nostro turno. Stavo pensando di segnalare a Scarpa di prepararsi a scendere, essendo improbabile che ci dessero una partenza proprio a fine turno, quando dalla tenda di allarme scatta fuori il maresciallo Chelazzi, il nostro ufficiale tecnico del Decimo Gruppo, e, agitando le mani nel segnale di messa in moto, ci ordina di partire.
Accorrono i crew chief dei velivoli che si affrettano a togliere le varie bandierine di sicurezza per poi mostrarle per conferma ai piloti e a staccare la spina del carrellino della corrente esterna dopo l’avvenuta messa in moto dei reattori.
In un lampo siamo in volo, e passiamo subito sulla frequenza radio di “Quercia”, il CRC (centro ricerca e controllo) per ricevere il vettoramento (le indicazioni di prua e quota) per intercettare il bersaglio. Stabilito il contatto radio, mi sono subito reso conto che non c’era da scherzare: le comunicazioni si susseguivano rapide e concitate, immediatamente ci è stato dato il “gate” (andare a tutto motore).
No, non era una esercitazione di routine, oggi si faceva sul serio!
Sul lago di Bolsena, a 25.000 piedi con prua 130° mi sembra di scorgere dei puntini neri … aeroplani, ma quanti? Credevo una ventina. Eravamo più veloci, con il motore al 100%, e ben presto ho potuto dare a Quercia il “Telly Ho” (avvistamento del target).
Quando siamo stati abbastanza vicini per passare al riconoscimento, mi sono venuti i brividi di freddo: li ho contati, erano dodici, in tre formazioni di quattro – ma erano MIG 15! Perlomeno erano simili al tradizionale nemico dei Sabre. Stessa fusoliera tozza, corte ali a freccia, timoni a croce … ma da dove venivano? Che facevano a quota così bassa?
 Non ho comunicato il mio terrore a Quercia, ma per precauzione ho ordinato a Scarpa di assumere la posizione da combattimento e di inserire il “gun fire” (interruttore di sicura delle armi) e di attuare il “retract-release-retract” (operazione per armare le sei mitragliatrici .50).
Mentre mi concentravo per inquadrare nel collimatore radar APG.30 l’ultimo velivolo di sinistra, pensavo con angoscia che sarei stato il primo caduto della terza guerra mondiale. Anche se avessi abbattuto il mio, in un attimo li avremmo avuti tutti addosso, e allora …
Oramai ero a distanza di tiro, e proprio quando stavo per comunicare a Quercia il tipo degli aeroplani avvistati, e ricevere l’eventuale ordine di attaccarli,  Ho visto distintamente, dipinto sulla fusoliera del velivolo che volava di fianco al “mio”, un bel disco blu su cui spiccavano tre grandi corone gialle.
Madonna mia! Erano svedesi.
Ritornato in me, ho comunicato al radar il numero e il tipo degli aeroplani intercettati: 12, J.29, svedesi. La risposta è stata: “e bravi! Qui non abbiamo nessun piano di volo di svedesi. Potete rientrare”.
Ho richiamato Scarpa in formazione con un rapido battito delle ali, abbiamo rimesso le armi in sicura, poi mi sono posizionato tranquillamente in ala sinistra al mio inconsapevole bersaglio di poco prima, con l’aereo di Scarpa attaccato alla  mia ala.
Dopo pochi minuti che volavamo così tutti in formazione, il pilota svedese si è voltato per un attimo dalla mia parte, ci ha visti, e certamente ha comunicato agli altri la sua sorpresa, perché immediatamente l’intera formazione si è agitata pericolosamente, mentre tutti guardavano dalla nostra parte, perdendo la posizione. Poi la formazione ha iniziato la discesa, e noi con loro.
Ho sentito il capo formazione, quando hanno cambiato frequenza radio, chiamare la torre di Pratica di Mare e ho capito che erano diretti proprio alla nostra base. Ho mantenuto la mia posizione fino a quando, dopo una larga virata su Ardea, le tre wickers si sono trasformate in ala destra, una dietro l’altra, per presentarsi all’apertura sulla pista 31 di Pratica. Noi due, Scarpa ed io, ci siamo posizionati in coda a tutti e, dopo l’atterraggio, siamo regolarmente andati al parcheggio del Decimo Gruppo.
Al circolo ufficiali,poi, mi sono presentato al capo formazione svedese, credo di ricordare che fosse un colonnello. Ci siamo fatti i complimenti, ma mi sono guardato bene dal confessargli che poco prima stavo per sparargli addosso. Ho saputo così che la formazione era composta dai cadetti dell’Accademia Aeronautica svedese, in visita all’Accademia Aeronautica italiana a Bagnoli. Infatti, dopo pranzo, sono ripartiti per Capodichino.

Al momento della partenza da Napoli, un aeroplano si è reso inefficiente per un mancato avviamento del reattore, ed è rimasto in Italia perché l’Aeronautica svedese non ha ritenuto conveniente il recupero di una macchina ormai obsolescente.
Questo J.29 è oggi conservato presso il Museo Storico del’AMI a Vigna di Valle (pensa, la sede del CRC Quercia).

Quando, in visita al Museo, lo vedo, ho l’impressione che sia un po’ anche mio.

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